Fuggì dopo aver travolto un giovane motociclista a Dronero, condannato un pregiudicato 43enne
L’artigiano di origini albanesi era chiamato a rispondere di fuga e omissione di soccorso oltre che di lesioni. Al centauro venne amputato un piede dopo l’incidenteAmmonta a due anni di reclusione la pena comminata dal giudice Giovanni Mocci nei confronti di A.U., artigiano 43enne di origini albanesi residente a Dronero. L’uomo era chiamato a rispondere in tribunale di lesioni gravissime, fuga e omissione di soccorso, a seguito di un incidente avvenuto a fine luglio 2019 lungo la strada che porta al santuario della Madonna di Ripoli, nel comune di Dronero.
A scontrarsi la Peugeot 407 guidata da A.U. e una moto condotta da un 28enne di Valgrana. Il giovane a seguito dell’urto aveva riportato una grave ferita al piede sinistro, poi amputato in ospedale. Durante l’istruttoria a carico dell’automobilista, due uomini presenti a poca distanza quel giorno hanno confermato di essere accorsi pochi secondi dopo, senza trovare traccia dell’auto. “Una signora ha detto di aver visto una macchina fermarsi e poi andare via, ma quando siamo arrivati non c’era nessuno” ha raccontato uno dei due. Il comandante dei carabinieri di Pradleves Cesare Ghibaudo è il militare che ha ritrovato l’indizio fondamentale, un copri specchietto divelto: “Era quello del lato guidatore ed era danneggiato dall’urto. All’interno abbiamo trovato un codice che ci ha permesso di risalire al tipo di auto incidentata, una Peugeot 307 o 407”. Subito erano scattati gli accertamenti sui proprietari di auto di quel modello, oltre ai tentativi - rivelatisi inutili - di acquisire testimonianze o video dalle telecamere nei dintorni.
Già il giorno dopo l’incidente, comunque, due militari del Nucleo Operativo Radiomobile di Cuneo avevano individuato l’auto sospetta a Santa Croce di Cervasca. Alla Peugeot 407 di colore grigio, parcheggiata nei pressi dell’Acli, mancava la scocca dello specchietto sinistro. All’interno del locale i carabinieri avevano identificato A.U., gravato da precedenti per reati contro il patrimonio: “Si è assunto subito la responsabilità dell’incidente, non risulta però che avesse contattato le forze dell’ordine per denunciarlo” ha spiegato al giudice il militare che aveva proceduto all’identificazione.
Dalla testimonianza del maresciallo maggiore Federico Massabò è emerso che l’auto del 43enne era già sotto controllo al momento dell’incidente, nell’ambito di un’indagine disposta dalla Procura per altri reati. La circostanza ha contribuito a fornire elementi a carico del sospettato, come pure il fatto che nel suo domicilio fossero state trovate tracce dell’incidente e addirittura frammenti di accessori della motocicletta contro cui la Peugeot si era scontrata. La carreggiata era priva di linea divisoria, ma in base alle tracce di abrasione a terra il consulente della Procura Marco Sartini ha potuto ipotizzare che l’auto viaggiasse a quasi due metri di distanza dal margine destro della carreggiata. Un’imprudenza dell’automobilista avrebbe quindi provocato l’incidente: “Una moto e un’auto, in quel punto, sarebbero potute passare affiancate senza problemi. Non c’erano neanche impedimenti alla visibilità”.
A fornire un aiuto decisivo agli inquirenti ha concorso il fatto che l’auto dell’albanese fosse già monitorata dalle forze dell’ordine che vi avevano installato una microspia. L’uomo, infatti, era oggetto di indagini per altra causa. Nei confronti di A.U., difeso dall’avvocato Francesca Botto, il sostituto procuratore Pier Attilio Stea aveva chiesto la condanna a quattro anni e sei mesi di carcere. Il giudice ha riconosciuto all’imputato le attenuanti generiche.
a.c.
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