Furti al Tenda bis, processo agli sgoccioli: il 13 gennaio la sentenza
Per cinque dirigenti e operai della Grandi Lavori Fincosit la Procura chiede condanne fino a sette anni. Dal cantiere sarebbero “sparite” oltre 200 tonnellate di ferroManca solo la pronuncia del giudice per chiudere almeno il primo capitolo dell’inchiesta sul cantiere del Tenda bis.
L’indagine intrapresa dalla Guardia di Finanza di Cuneo nel 2016 aveva portato a maggio dell’anno successivo al sequestro del cantiere, allora affidato a un consorzio facente capo a Grandi Lavori Fincosit. A seguito della maxi operazione, coordinata dall’allora procuratore capo Francesca Nanni, erano stati rinviati a giudizio sedici imputati tra dirigenti, impiegati e operai della società e funzionari Anas. In seguito l’inchiesta si è sdoppiata: per la truffa aggravata, la frode nelle pubbliche forniture, il falso ideologico e le altre imputazioni più gravi si andrà a giudizio a Torino, nell’ambito di un processo ancora tutto da istruire (l’udienza preliminare è fissata al prossimo 28 gennaio) e su cui già incombe la scure della prescrizione.
A Cuneo è rimasto il “troncone” inerente ai furti di ferro: almeno 212 tonnellate di materiale ancora utilizzabile sarebbero sparite in tre anni e mezzo, assicurando un guadagno illecito di circa 23mila euro per i soli carichi accertati, ma che si sospetta essere in realtà superiore ai 100mila. Una tesi in base alla quale il procuratore capo Onelio Dodero ha chiesto la condanna per tutti i cinque imputati “superstiti”: sette anni di carcere per l’ingegner Antonino Froncillo, direttore del cantiere, più tre mesi di arresto per il presunto smaltimento illecito dei detriti di scavo (il cosiddetto smarino). Sei anni e dieci mesi per il suo “braccio destro” e capocantiere Antonio Palazzo, quattro anni e sei mesi per il predecessore di quest’ultimo, Giuseppe Apone, cinque anni per Nunziante De Rosa, cinque anni e sei mesi per Luigi Mansueto. A Palazzo e Mansueto, come a Froncillo, era contestata anche l’illecita detenzione di materiale esplosivo: otto scatole da 25 kg di dinamite ciascuna rinvenute nel sequestro.
Nell’ultima udienza le difese di Froncillo, Palazzo e De Rosa, ovvero gli imputati principali, avevano ribattuto alle tesi dell’accusa osservando che quelle sparizioni potrebbero non esserci mai state. Se è vero che i camion andavano e venivano da Limonetto pieni di ferro sia vecchio che nuovo (“carichiamo prima le centine, poi completiamo con il mucchio. E ci mettiamo i rifiuti sopra” dice l’operaio De Rosa a un’autista in una delle intercettazioni più emblematiche), bisogna comunque mettere in conto rotture e imprevisti. “Il quantitativo di ferro ipotizzato all’inizio delle indagini è stato ridotto drasticamente e spalmato su quattro anni di lavorazione” osserva l’avvocato Paolo Verra, difensore insieme alla collega Angela Rocca dell’operaio Mansueto: “In un’intercettazione si dice che in una sola notte si sono rotte quattro centine a seguito di una fuoriuscita d’acqua. Era tutto materiale che doveva essere smaltito e bisognava farlo subito, perché nel cantiere non c’era spazio”. A Mansueto si contesta un unico trasporto effettuato a suo nome nel 2015: “Compare solo perché il capocantiere Apone non aveva i documenti e gli chiese di prestargli i suoi”. In ogni caso, aggiunge il difensore, “Froncillo ci ha detto che le decisioni le prendeva tutte lui, anche riguardo allo smaltimento del ferro”.
Altro argomento forte nelle tesi difensive riguarda la reale titolarità del materiale di cantiere: “Il dato di fatto è che si è risparmiato: tranne l’Anas, cioè Pantalone, che ha pagato per tutti” aveva detto il procuratore nella sua requisitoria. Non è così, ribattono i legali degli imputati: “Grandi Lavori opera con materiale suo, non di Anas. Non c’è un furto, al più un’appropriazione indebita che però la società non ha mai contestato ai suoi dipendenti” sostiene Verra. L’avvocato Rocca contesta in base alle medesime conclusioni le richieste di danni presentate dalle parti civili, l’Anas e il Comune di Limone Piemonte: “L’Anas non chiede un danno materiale perché non l’ha avuto. Il danno turistico denunciato dal Comune non c’è: la strada è rimasta la stessa del 2013, con semafori e lavori in altri punti che sono durati un’eternità”.
L’avvocato Cinzia Mureddu ha parlato per conto del primo capocantiere, Giuseppe Apone. La sua permanenza nel cantiere limonese è durata dall’estate del 2014 al gennaio 2016, prima di essere trasferito da Fincosit in Sardegna. In questo periodo “si occupava solo delle opere in esterna, prima della costruzione della galleria. Non c’è dubbio sul fatto che i materiali smaltiti in quel periodo fossero puri e semplici rifiuti, come il ferro ricavato dalla demolizione delle vecchie casette della dogana”.
Ingenti le richieste di risarcimento formulate, soprattutto dall’amministrazione comunale di Limone che esige 400mila euro per ciascuno degli anni in cui il cantiere è rimasto bloccato, a partire dal 2017. Senza quello stop forzato, è la tesi, oggi il territorio cuneese avrebbe forse il collegamento diretto con la Francia di cui le inchieste prima e la tempesta Alex poi lo hanno privato.
Andrea Cascioli
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