I fratellini di Cuneo scrivono al ministro Cartabia: “Vogliamo che nostra sorella torni a casa”
La vicenda giudiziaria riguarda quattro minori di un paese della Granda: la più piccola è in una famiglia affidataria. Il padre attende di difendersi dalle accuseChiedono di poter riabbracciare in famiglia la loro sorella più piccola i tre fratelli di 17, 15 e 12 anni trovatisi - loro malgrado - al centro di una vicenda giudiziaria divenuta ormai di dominio pubblico.
Del caso dei “quattro fratellini di Cuneo” si sono interessati a più riprese la stampa nazionale e perfino il parlamento, a seguito di varie interpellanze. Dopo la separazione consensuale dei loro genitori, nel 2018, i figli della coppia erano stati affidati alla custodia congiunta dei coniugi. Nel 2019 la donna aveva denunciato l’ex marito accusandolo di abusi sessuali ai danni di tre dei quattro bambini. Anche la madre, però, era stata in un primo tempo giudicata inidonea alla custodia dopo una perizia. Il Tribunale per i minori di Torino aveva quindi disposto che i quattro fratelli venissero ricollocati presso i nonni paterni, ma le problematiche ambientali insorte avevano poi indotto il giudice a disporre il trasferimento d’urgenza dei tre ragazzi più grandi in tre diverse comunità e della più piccola in una famiglia affidataria.
Mentre dalla scorsa estate i tre figli collocati in comunità sono potuti tornare a casa della mamma, la bambina che ha da poco compiuto sette anni rimane in affido. Per questo i suoi fratelli hanno indirizzato al ministro della Giustizia una “lettera aperta” circolata in questi giorni sui social: “Nelle comunità siamo cresciuti in fretta. La voglia di tornare a casa da nostra madre, ci ha sempre dato la giusta spinta. Così anche in comunità siamo stati forti nonostante le pressioni dei giudici, di avvocati, curatori, vigili” scrivono i ragazzi, lamentando “limitazioni di ogni genere” e il fatto che qualcuno sarebbe arrivato a dir loro che sarebbero stati portati in carcere se non avessero consegnato i cellulari, utilizzati per esprimere la loro protesta. Dopo tredici mesi, hanno potuto finalmente riabbracciare la sorella, ma solo per qualche tempo: “Abbiamo sofferto tanto, perso un anno di scuola, fatto lo sciopero della fame. Ci aiuti per favore a far ritornare a casa nostra sorella” chiedono ora, sollecitando l’intervento del Guardasigilli.
L’udienza preliminare nel processo a carico del padre è slittata al prossimo 21 gennaio, perché i consulenti del gup Daniela Rita Tornesi hanno chiesto più tempo per i loro accertamenti. A entrambi i genitori il Tribunale per i minori ha concesso di vedere la figlia più piccola presso gli affidatari, ma è una soluzione che scontenta la mamma: “Può vederla solo una volta a settimana, scortata da un educatore che la sorveglia come un detenuto. Un giorno la bambina stava male e l’educatore voleva proibire alla mamma perfino di accompagnarla in bagno” denuncia l’avvocato che assiste la donna. “Siamo in una fase delicata del procedimento penale e di fatto il Tribunale dei minori ha costruito un processo parallelo” aggiunge il legale, contestando il fatto che anche al papà sia stato concesso di vedere la bimba.
La difesa di quest’ultimo non commenta il procedimento in corso ma ricorda che il tribunale minorile ha già espresso le sue valutazioni: “I tre fratelli sono solo ricollocati presso la madre, ma affidati ai servizi. Il ritorno a casa non è stato determinato da considerazioni relative all’idoneità genitoriale”.
Andrea Cascioli
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