La bimba denuncia a scuola le botte subite dalla mamma: “Non posso lasciarla sola a casa”
Dai racconti della piccola alle maestre è nato il processo per maltrattamenti: “Diceva di volere andare dai nonni, perché abitano vicino ai carabinieri”Diceva che avrebbe voluto trasferirsi insieme alla mamma dai nonni materni, i quali vivono fuori dal Piemonte. Per passare più tempo insieme a loro, o perché avevano una bella casa? No, almeno non solo: “Perché la casa dei nonni è vicina alla caserma dei carabinieri”. Così rispondeva la piccola Emma (nome fittizio) alle maestre della sua classe, la terza elementare di una scuola in un comune del Cuneese.
Alle sue insegnanti la bambina ha confidato di cosa avesse paura: che papà facesse del male alla mamma. E non erano semplici timori, ma racconti circostanziati e ricchi di dettagli. A inizio anno scolastico, Emma aveva detto che la mamma era stata fatta cadere dalle scale ed era andata a sbattere contro un armadio in cui tenevano le borse. In ottobre, la mamma e il papà avevano avuto da ridire su una carta postale: il papà aveva lanciato un tavolo contro la mamma, diceva la bimba, e lei era caduta, sbattendo la testa. A novembre la piccola era stata assente per un periodo, quando era tornata aveva parlato di un’altra discussione tra i genitori. Così la sintetizza una maestra: “Il papà aveva lanciato le chiavi dell’auto in cortile e inveito contro la mamma, gettandole addosso una sedia. Emma era molto preoccupata e aveva cercato di allontanare il papà, perché aveva paura di cosa potesse succedere”.
La sua inquietudine ha colpito anche il sostituto procuratore Francesca Lombardi. Al termine della requisitoria, l’accusa ha chiesto tre anni e tre mesi per l’imputato, residente a Busca, ora a processo per maltrattamenti e lesioni aggravate. Il pubblico ministero ha ricordato che l’indagine è nata proprio dalle segnalazioni delle maestre al dirigente scolastico, e quindi all’autorità giudiziaria. La signora non aveva fatto nulla per incoraggiarle, ha aggiunto, anzi ha negato tutto, in un primo tempo: sia con le maestre, sia quando si è presentata in caserma, senza sporgere denuncia. A novembre, però, era arrivata una prima ammissione: sul registro elettronico di classe, la donna aveva scritto che Emma non era stata presente a scuola, il giorno prima, perché la sera precedente suo marito l’aveva picchiata e aveva portato via di casa la bambina. “Non ho sporto denuncia - ha detto ai giudici - perché tengo alla mia vita e a veder crescere mia figlia. Mi ha minacciata di morte, diceva che mi avrebbe ammazzata se gli avessi tolto la bambina”.
La piccola, oltre a raccontare ciò che accadeva in casa, riferendo anche varie minacce del padre alla madre, cercava di proteggere come poteva la mamma. A volte rifiutava di entrare a scuola, spiegando che non poteva allontanarsi perché avrebbe lasciato la mamma da sola: “Temeva che il papà potesse farle del male quando lei non era a casa” dicono ancora le insegnanti. “Il disagio non attiene all’affettività che lega la minore alla mamma o al papà, ma fotografa una situazione oggettiva” ha sottolineato il pm Lombardi, replicando agli elementi che la difesa ha portato per dimostrare quanto Emma fosse in effetti legata al padre. “L’impostazione difensiva lascia molte perplessità” sostiene la rappresentante dell’accusa, stigmatizzando gli sforzi dell’imputato per descrivere l’ex moglie come “un’ubriacona” e una manipolatrice: “L’intervento è culminato con la sospensione della potestà genitoriale e il collocamento della bambina in struttura, a questo sarebbe servita la strumentalizzazione” ribatte il magistrato.
Oltre alla richiesta sanzionatoria nei confronti dell’accusato, si pone al vaglio dei giudici la testimonianza dell’attuale compagna dell’uomo: la donna avrebbe fornito in aula “dichiarazioni completamente non convergenti” rispetto a quanto aveva riferito ai carabinieri, a proposito di una lite violenta. All’epoca aveva dichiarato di essere stata percossa dall’uomo e l’aveva denunciato, poi la querela era stata ritirata. Una circostanza a cui lei, una volta chiamata a testimoniare, non ha fatto alcun cenno in un primo momento. Per la parte civile, la richiesta è di 20mila euro di risarcimento danni per la persona offesa e altri 10mila in favore di Emma. La difesa ha già annunciato che replicherà punto su punto, contestando l’intero impianto accusatorio: lo potrà fare il prossimo 16 ottobre, quando è prevista anche la sentenza.
Andrea Cascioli
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