La Polizia Penitenziaria tira le somme: 72 sequestri di droga e cellulari nel 2024
Cuneo è l’unica provincia a contare su quattro istituti carcerari. Il direttore Minervini avverte: “I detenuti sono cambiati, al Nord il 70% di extracomunitari”Se i detenuti della provincia di Cuneo facessero “comune” a sé, sarebbero un paese delle dimensioni di Valdieri. Nei circuiti di alta e media sicurezza della Granda sono recluse 912 persone, con le quali convivono, per una buona parte della giornata, 443 agenti di Polizia Penitenziaria in quattro istituti.
Cuneo, spiega il direttore del Cerialdo Domenico Minervini, è l’unica provincia ad averne così tanti. Per giunta sono molto diversi tra loro: c’è il “Montalto” di Alba, un istituto a ranghi ridotti che da dieci anni aspetta la fine delle ristrutturazioni. Diventerà una casa lavoro per gli internati che hanno concluso la pena, ma sono ancora socialmente pericolosi. La casa di reclusione a custodia attenuata di Fossano è il “fiore all’occhiello” dell’amministrazione penitenziaria, distintasi per il recupero e il reinserimento sociale. Al “Morandi” di Saluzzo, interamente destinato all’alta sicurezza, la scelta di evitare commistioni con gli altri detenuti ha attenuato le tensioni nei confronti del personale.
Il carcere del capoluogo resta l’istituto più complesso della provincia, spiega il suo direttore: qui, nell’arco di soli due anni, la popolazione detenuta è passata da 240 a 400 presenze. “Con la compresenza di due circuiti diversissimi quali la media sicurezza e il 41 bis” sottolinea Minervini, evidenziando come il riconoscimento di istituto di primo livello a incarico superiore, ottenuto pochi mesi fa, “non è stato tuttavia accompagnato da subito dal potenziamento delle risorse umane a disposizione”.
Manca il personale esperto, soprattutto mancano i ruoli intermedi: ispettori e sovrintendenti. Lo scorso mese, in visita alla struttura, il sottosegretario Delmastro ha assicurato che le immissioni in ruolo sono imminenti. Nel frattempo è arrivato un nuovo comandante di Polizia Penitenziaria, Daniele Cutugno, in sostituzione di Erminia Froio che è indagata, insieme a 34 agenti e membri del personale, per la vicenda delle presunte torture in carcere.
La festa per i 208 anni del corpo di Polizia Penitenziaria è stata anche l’occasione per fare il punto sulle attività e lo “stato di salute” nelle carceri. Solo nel 2024, riepiloga il comandante, gli agenti hanno operato 72 sequestri di telefoni cellulari e stupefacenti e 4.242 traduzioni di detenuti per motivi di giustizia, sanitari e di sicurezza, oltre alle normali attività di controllo. “I nostri agenti, il cui valore viene spesso sottovalutato, provengono da realtà assai lontane dalle sedi di servizio, spesso distanti centinaia e centinaia di chilometri. Per dovere vivono lontani dalle famiglie di origine, non di rado da mogli e figli” ricorda Cutugno. A Cuneo, dice, “gli ultimi mesi sono stati caratterizzati dalla ferrea volontà di voltare pagina, di lavorare con orgoglio per restituire dignità alla struttura, agli operatori e ai detenuti”.
Un aspetto evidenziato anche dal direttore, che rivendica un “cambio gestionale” foriero di positivi risultati nel dicembre scorso. Un mese prima, l’11 novembre, si erano verificati gravi disordini che avevano portato alla richiesta di supporto delle forze dell’ordine esterne: “Un fatto unico nella storia dell’istituto”. È stato il culmine di “una sequela continua di eventi critici” determinati dal “brusco incremento della popolazione detenuta”. Minervini nel suo intervento rimarca “l’importanza di un’adeguata presa in carico di una popolazione detenuta mutata fortemente negli ultimi cinque anni”.
Negli istituti del nord Italia, si fa notare, la presenza di extracomunitari raggiunge percentuali del 70%: “Molti dei quali giovanissimi, anche di seconda generazione. Questa grossa fetta di detenuti è caratterizzata da una forte dipendenza da stupefacenti e psicofarmaci. Solo una piccola parte di loro viene poi espulsa, mentre la gran parte torna in società con i detenuti di nazionalità italiana”. Il carcere non può fare tutto da solo di fronte a queste problematiche, serve una presa in carico: “Il potenziamento degli operatori della sanità e dell’amministrazione penitenziaria risponde anche a esigenze di carattere pubblico, non affrontabili solo con la repressione”.
Andrea Cascioli

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