Lite tra poliziotti in Questura, assolto l’ex capo delle Volanti
Luigi Chilla era stato denunciato da un collega sindacalista: “Mi ha dato un pugno”. Tra i testimoni l’ex questore Parisi, il Siulp si era costituito parte civileL’assoluzione da entrambi i reati contestati, lesioni e violenza privata, chiude un processo che la Questura di Cuneo ha vissuto nell’inedita veste di luogo del presunto reato. Un procedimento “quantomeno increscioso” anche per la Procura, ha ammesso il sostituto procuratore Carla Longo, dal momento che le parti in causa, imputato e persona offesa, sono due nomi in vista nei ranghi della Polizia cuneese.
Sotto accusa si è ritrovato l’ex commissario capo Luigi Chilla, già dirigente della Squadra Mobile e poi della Squadra Volanti per un decennio, in pensione dopo 42 anni in divisa dal giugno del 2021. L’allora vice sovrintendente Alessandro Digeronimo, segretario generale del Siulp di Cuneo, lo accusava di averlo aggredito solo pochi mesi prima di fronte all’ufficio del suo diretto superiore e colpito con un pugno al volto. Circostanza che l’ex capo delle Volanti ha negato da subito, pur ammettendo di aver dato il via a un animato alterco con il collega, ripreso quasi per intero dalle telecamere interne della Questura.
Fuori dall’occhio elettronico è rimasta proprio la sequenza incriminata, quella della presunta aggressione fisica, perché i due si erano nel frattempo spostati. Il motivo della lite è riconducibile all’attività sindacale di Digeronimo, in particolare a una rivendicazione che il Siulp portava avanti per ottenere la parità di trattamento tra funzionari e poliziotti “semplici”: “C’era una sperequazione tra chi veniva obbligato dal questore a fare le ferie entro una certa data e chi no” ha spiegato in aula il sindacalista. Questione che toccava anche Chilla, essendo prossimo alla pensione e con un ampio ammontare di ferie non godute. Secondo l’autore della querela, Chilla l’avrebbe tempestato di frasi ingiuriose come “sei la vergogna della polizia” o “tutti ti sputerebbero in faccia”, per poi metterlo con le spalle al muro, impedendogli di muoversi. Di qui l’imputazione di violenza privata, che si aggiungeva all’altra accusa.
Dopo la discussione, il vice sovrintendente si era recato al Pronto soccorso, dove gli era stata assegnata una prognosi di tre giorni. In seguito a ulteriori accertamenti e all’insorgere di problematiche di altra natura, il poliziotto era rimasto in malattia per un totale di 42 giorni. Nel corso del processo sono stati ascoltati vari testimoni, tra cui l’allora questore Nicola Parisi che aveva ricevuto, nell’immediatezza, entrambi i litiganti: “Ho cercato fino all’ultimo di non arrivare a questo” ha spiegato l’ex capo della Polizia nella Granda. Nel ruolo di “paciere” si era proposto anche un commissario in pensione, conosciuto da Digeronimo e da Chilla, il quale sosteneva di aver avuto modo di visionare le immagini della telecamera nell’ufficio del questore: circostanza, quest’ultima, smentita con forza da Parisi.
“Non sono mai stati in discussione la sua carriera e il lavoro che ha svolto per quarant’anni” ha precisato il pubblico ministero, riferendosi all’imputato, per il quale la richiesta di pena ammontava a cinque mesi. Contro l’ex dirigente erano parti civili sia Digeronimo che il sindacato Siulp, a nome dei quali ha parlato l’avvocato Giuliana Vicinanza: “Digeronimo descrive in modo puntuale cosa è accaduto e nella sua descrizione non ci sono contraddizioni, anzi si trovano conferme nei riscontri oggettivi esterni” ha affermato il legale. L’avvocato Vittorio Sommacal, difensore dell’imputato, si è soffermato soprattutto sulle lesioni patite dalla persona offesa: “Nel referto del Dea sono esclusi gonfiori, mentre se avesse ricevuto un pugno al volto nel giro di pochi minuti si sarebbe formato un edema”. Il gesto del braccio di Chilla ripreso dal video prima del presunto colpo alla mandibola, osserva il difensore, “è un movimento repentino e veloce ma non è violento, non è la carica di un pugno”. In merito al movente indicato, l’avvocato ha ricordato che il commissario capo aveva già dichiarato di voler rinunciare sia alle ferie che alla relativa indennità.
Il giudice Sandro Cavallo ha assolto con formula piena l’imputato da entrambe le contestazioni.
Andrea Cascioli
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