L’operaio si tagliò lavorando i polli, chiesta la condanna per il titolare
L’infortunio alla Europoll di Caraglio non era stato denunciato. L’imputato si difende: “Solo cinque anni dopo mi ha detto di voler aprire la procedura”Si avvia a conclusione il processo nei confronti di Roberto Costamagna, titolare della Europoll di Caraglio, per l’incidente avvenuto a un ex dipendente ivoriano del quale si contesta l’omessa denuncia. Il lavoratore, addetto al taglio delle carni, si recise un tendine ma non aprì le pratiche per l’infortunio. A suo dire, sarebbe stato il titolare a intimargli di non recarsi in ospedale: “Se la ferita si fosse aggravata, avrei dovuto dire in pronto soccorso che mi ero fatto male a casa. In segreteria mi dicevano di non richiedere l’infortunio sul lavoro, altrimenti mi avrebbero licenziato”.
Si sa per certo che, al momento dell’incidente, l’uomo non indossava i guanti anti taglio che avrebbe dovuto avere in dotazione. Lui sostiene che in realtà non gli fossero stati forniti: “Ho ricevuto i guanti di metallo solo dopo che mi sono ferito, prima non avevo protezioni”. Diversa la versione di un collega e del preposto che avevano assistito all’episodio: i due affermano che era in corso un’avventata “gara di velocità” tra l’infortunato e il collega. Per riuscire a tagliare più polli in meno tempo, l’addetto si sarebbe sfilato il guanto e tagliato. La persona offesa ha ritirato la costituzione di parte civile dopo l’avvenuto risarcimento. Ricorda tuttavia di aver lavorato “in una situazione di sofferenza” per tre anni, con una sola pausa di venti minuti al giorno e il divieto di interrompere il turno perfino per andare in bagno. Anche dopo l’incidente, il caposquadra sarebbe intervenuto per cercare di insabbiare tutto: “Già altre persone si erano ferite e non era mai stato chiamato il 118”.
Quest’ultima circostanza è stata confermata da un altro ex lavoratore, anche lui ivoriano, chiamato come testimone dell’accusa: “I guanti di ferro li davano solo a chi aveva le mani piccole. A me furono forniti solo dopo che mi ero tagliato la mano”. Il teste ha descritto il proprio infortunio in termini analoghi a quelli usati dal collega: “Il responsabile del reparto mi aveva portato in bagno e aveva messo alcol e un cerotto per chiudere la ferita. Il titolare mi ha detto di non andare in ospedale, minacciando di licenziarmi se l’avessi fatto”. Analoghe minacce sarebbero state formulate nei confronti di chi si allontanava per usare la toilette: “Parlai con il collega che si era fatto male, al ritorno in azienda: mi rispose che gli avevano detto di raccontare che si era tagliato a casa. Non c’è stata nessuna gara quel giorno, è il capo reparto che dice sempre di andare veloci”.
Costamagna, indagato anche con l’accusa di caporalato in un procedimento separato, ha negato di aver incontrato il lavoratore che si era tagliato quel giorno: “Ho chiesto di mandarlo in ufficio, ma non ricordo di averlo visto. Mi hanno poi detto che si era fatto male al dito e non sarebbe venuto nei giorni successivi”. Solo cinque anni dopo i fatti, risalenti all’incirca al dicembre del 2016, il dipendente avrebbe chiesto di aprire la procedura di infortunio: “Non gli ho mai detto di non andare in ospedale. Per me non cambiava nulla e anzi sarebbe stato meglio: se avesse aperto un infortunio, non avrebbe gravato in nulla sull’organizzazione e sui costi di Europoll. Non avevo nessun interesse”.
“La denuncia non l’ha fatta perché sapeva che c’era qualcosa che non andava e questo qualcosa era l’indisponibilità dei guanti di ferro” ribatte il sostituto procuratore Attilio Offman, che ha chiesto per l’imprenditore la condanna a tre mesi: “Un datore di lavoro avveduto non avrebbe nascosto l’infortunio, tanto più se avvenuto a seguito di un comportamento errato di un lavoratore. Per cautelarsi avrebbe potuto anche applicare una sanzione disciplinare, ma nulla di tutto ciò è stato fatto”. Significativo, sottolinea il pubblico ministero, l’esito di un’ispezione effettuata nel 2021: “Sia sulla protezione individuale che sulla formazione lo Spresal rileva che la situazione è ancora inadeguata, sia pure ad anni di distanza”.
“L’azienda ha rifornito tutti del guanto in ferro ed è certo che li avevano gli addetti al taglio” sostengono invece gli avvocati Tommaso Servetto e Marco Ivaldi, difensori dell’imputato: “Siamo fuori dalla sfera governabile dal datore di lavoro, perché non è assolutamente prevedibile che ci si metta a fare gare di velocità per far vedere ‘chi è più bravo’”. Tutti i testimoni, aggiungono i legali, evidenziano che le presenze di Costamagna in reparto erano sporadiche: “Del lavoro se ne occupavano i preposti”. Quanto all’incidente, la persona offesa si sarebbe rivelata inattendibile nella sua ricostruzione: “Nessuno lo ha abbandonato il giorno dell’infortunio: ha continuato a lavorare, quindi non era un taglio così rilevante”. A seguito di una querela, hanno ricordato i difensori, lo stesso ex dipendente è rinviato a giudizio per calunnia e falsa testimonianza “in relazione a fatti connessi a questo processo”.
Il giudice si esprimerà il 5 febbraio dopo le eventuali repliche delle parti.
Andrea Cascioli
CARAGLIO lavoro - Caraglio - Cronaca - Infortunio - sicurezza sul lavoro - Europoll - Roberto Costamagna