Micro auricolari e cellulare nascosto all’esame per la patente: l’'aiutino' costa una condanna
Il colpevole è un cittadino turco, colto sul fatto dai dipendenti della Motorizzazione. Avrebbe pagato 2mila euro per questo espediente, finendo però bocciatoIl proverbiale ’aiuto da casa’ è costato una condanna a cinque mesi e dieci giorni, con pena sospesa, a un immigrato turco sorpreso nel tentativo di superare il quiz per la patente con mezzi non proprio leciti.
Durante lo svolgimento di una prova teorica, nel gennaio 2018, i funzionari della Motorizzazione civile di Cuneo avevano notato strani atteggiamenti da parte di uno dei candidati, O.T.: l’uomo sembrava grattarsi spesso e si toccava in continuazione le orecchie. Semplici tic dettati dal nervosismo del momento o qualcosa di diverso? Nel dubbio, gli incaricati della sorveglianza avevano deciso di avvisare la Polstrada.
Gli agenti erano intervenuti con discrezione dopo la conclusione dell’esame, chiedendo a O.T. di accomodarsi in uno stanzino separato per un controllo. Qui il sospettato aveva deciso di capitolare, evitando un’inutile perquisizione e consegnando tutti gli ‘aiutini’ tecnologici in suo possesso: un telefono cellulare, un dispositivo bluetooth a collana e due micro auricolari - invisibili a occhio nudo - che lo stesso O.T. aveva estratto dalle orecchie con una calamita.
Con il cellulare, appiccicato alla pelle con lo scotch, l’esaminando riprendeva il foglio dei quiz attraverso un buco praticato nel maglione. Le immagini venivano inviate in presa diretta a un misterioso complice che avrebbe dovuto suggerire attraverso gli auricolari le risposte giuste da segnare.
O.T. aveva raccontato ai poliziotti di aver sborsato la bellezza di 2mila euro all’artefice di questo sofisticato imbroglio. Ammesso che sia vero si può aggiungere che questa persona, rimasta ignota all’esito delle indagini, sarebbe stata comunque l’unica a guadagnarci qualcosa: il malcapitato falsario, infatti, non aveva superato la prova d’esame nemmeno con l’’aiutino’.
L’avvocato Paolo Donalisio, che lo ha difeso dall’accusa di tentato falso in atto pubblico, dice di non essere riuscito a contattare il suo assistito per tutta la durata del processo: parrebbe infatti che sia tornato in Turchia, dove si è reso irreperibile. Questo però non è bastato a evitargli una scontata condanna.
a.c.
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