Omicidio Nada Cella, Annalucia Cecere non andrà a processo: la decisione del gup
Prosciolta l’ex maestra 55enne, residente a Boves, e i coindagati Marco Soracco e Marisa Bacchioni. Ma la Procura può ancora presentare appelloNessun processo, almeno per ora, per il delitto di Nada Cella: l’accusata principale, Annalucia Cecere, oggi 55enne e residente da tempo a Boves, è stata prosciolta dal gup di Genova Angela Nutini. Non luogo a procedere anche per i coindagati Marco Soracco e Marisa Bacchioni, accusati di favoreggiamento e false dichiarazioni al pm.
La segretaria 24enne di Chiavari fu massacrata la mattina del 6 maggio 1996, con un oggetto contundente mai ritrovato. Le prime indagini ipotizzarono che l’omicida potesse essere proprio Soracco, colui che aveva trovato la vittima a terra pochi minuti dopo, nel suo studio di commercialista. Le accuse contro di lui erano però state presto archiviate e da allora il delitto di via Marsala è diventato uno dei più oscuri “cold case” della storia italiana.
Solo un quarto di secolo dopo il delitto l’inchiesta è stata riaperta dalla Procura di Genova, sulla base dei nuovi elementi raccolti dalla criminologa Antonella Delfino Pesce e dall’avvocato della famiglia Cella. Annalucia Cecere, all’epoca 28enne, viveva a Chiavari a pochi metri dallo studio Soracco e lavorava come donna delle pulizie per un dentista della vicina Sestri Levante. Conosceva il commercialista, sebbene entrambi affermino che la loro frequentazione priva di risvolti sentimentali. La Procura sostiene il contrario: Cecere avrebbe affrontato la giovane segretaria perché la riteneva una rivale in amore e forse puntava anche a sostituirla nello studio. La gelosia sarebbe alla base dell’esplosione di violenza di quel giorno. Poche settimane dopo il delitto la Cecere, già madre di un bambino, aveva lasciato Chiavari per la provincia Granda: qui si è rifatta una famiglia e vive tuttora tra Boves e Cuneo, in località Mellana.
Nei confronti di Soracco e della madre Marisa Bacchioni, ormai 91enne, si ipotizzavano altre responsabilità. I due, che vivono tuttora nello stesso palazzo di via Marsala, al piano superiore, avrebbero conosciuto da subito l’identità dell’omicida ma avrebbero scelto di coprirla. Perché? Per coprire uno strano giro di denaro che ruotava attorno allo studio del commercialista, secondo gli inquirenti.
Ipotesi che il giudice non ha ritenuto però abbastanza solide da reggere al vaglio processuale. La Procura potrà comunque presentare appello contro la decisione.
Andrea Cascioli
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