Operaio morì schiacciato da un cassero sul cantiere, in tre vanno a processo
“Quell’area doveva essere recintata” sostiene il consulente della Procura. L’incidente a Limone Piemonte provocò la morte del 59enne Bashkim ToskaMorire a 59 anni su un cantiere edile, travolto da un cassero di mille chili che non era stato fissato in maniera corretta. Questa è stata la sorte di Bashkim Toska, l’operaio albanese vittima di un tremendo incidente a Limone Piemonte, dove lavorava alla costruzione di un complesso residenziale.
Toska morì il 28 febbraio 2020, dopo due giorni di ricovero. Viveva in provincia di Cuneo da un anno ed era stato assunto dalla ditta Kovacaj, impegnata su quel cantiere insieme ad altre imprese: nello specifico, la vittima e i suoi colleghi si stavano occupando di realizzare i garage, al piano strada, mentre la Edil 2014 operava su un livello sopraelevato. “Due zone distinte, ma in un cantiere unico” ha spiegato in aula il consulente chiamato dal pubblico ministero, l’ingegner Marco Sartini. I lavori erano stati appaltati dalla committente Lim-one srl alla società Fantino Costruzioni. Un ulteriore subappalto era stato assegnato dalla Edil 2014 alla Kovacaj.
Gli amministratori di queste due aziende e un operaio della Edil 2014 sono stati condannati in abbreviato, a pene comprese tra un anno e quattro mesi e due anni e quattro mesi. Nei confronti di un altro accusato, caposquadra della Fantino, il gup aveva invece disposto il non luogo a procedere. Ora a giudizio, in dibattimento, ci sono il 70enne R. C., di Cervasca, in qualità di coordinatore per la sicurezza della Lim-one srl, il 47enne A. K., di Centallo, legale rappresentante dell’impresa Edil 2014 e il 59enne F. S., di Boves, come capo commessa e coordinatore di cantiere della Fantino Costruzioni.
Ai tre è contestato in concorso l’omicidio colposo. “Al momento dell’infortunio non c’era alcuna recinzione” ha sottolineato l’ingegner Sartini: “L’infortunato era in un’area che secondo il piano di sicurezza della ditta avrebbe potuto essere recintata, almeno con una bandella”. Solo tre mesi dopo la tragedia, ha osservato il consulente, il piano di sicurezza e coordinamento sarebbe stato modificato “per renderlo meno generico e chiarire che in presenza di queste lavorazioni doveva essere interdetto il passaggio di persone”. L’incidente, in ogni caso, fu provocato da una puntellatura inadeguata del cassero: “L’elemento doveva ancora essere completato e in quel momento pesava già mille chili”. Ad occuparsi del montaggio era la Edil 2014, la stessa ditta che avrebbe dovuto occuparsi di transennare la zona secondo l’accusa.
L’ingegner Livio Galfrè, consulente della difesa di F.S., sostiene che un’imprudenza di Toska concorse a determinare l’accaduto: l’operaio aveva ricevuto l’ordine di recuperare alcuni ferri e avrebbe potuto farlo, in base alla ricostruzione difensiva, seguendo un altro percorso. “Non vi era possibilità di sbagliare percorso, se non volutamente e contrariamente alle istruzioni ricevute” ha scritto Galfrè nella sua consulenza. “L’infortunato non era nella sua zona di lavoro, ma ci era stato mandato per prelevare ferri che si trovavano al piano soprastante” obietta Sartini: “Non ci sono documenti scritti che indichino un divieto di accesso in un’altra area da parte degli operai della ditta Kovacaj”. L’altro perito non concorda, ribadendo che i ferri richiesti si trovavano “in una zona del piano superiore ben diversa da quella in cui è andato l’infortunato: l’operaio ha preso una direzione opposta a quella in cui sarebbe dovuto andare”. Entrambi i consulenti, invece, hanno escluso che la forza del vento fosse tale da imporre uno stop alle lavorazioni quel giorno.
Il processo è stato rinviato al 12 gennaio del prossimo anno per la prosecuzione dell’istruttoria. Il 23 febbraio successivo è attesa la discussione.
a.c.
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