“Paga, o sarai arrestato”: un terribile ricatto dietro alla morte di Alessandro Ghinamo
Il 39enne cuneese si uccise nel 2019. Era tormentato da mesi dalle richieste di denaro di una coppia: all’origine di tutto una truffa sentimentale su FacebookChiedeva più tempo per pagare, solo qualche giorno in più. A volte provava anche a ribellarsi a quelle richieste di denaro, sempre più pressanti: “La legge è quella giusta, non come la fate voi a vostro piacere” scriveva Alessandro Ghinamo, in uno dei messaggi inviati poco prima di morire. Rispondeva a un interlocutore perentorio: “Vediamo chi vince, penso che sai che vince sempre la legge”.
La legge, purtroppo, è intervenuta troppo tardi. Ghinamo si è ucciso gettandosi dal ponte nuovo di Cuneo, nella notte tra il 19 e il 20 ottobre di sei anni fa: non aveva ancora compiuto quarant’anni. Viveva a Cerialdo con la famiglia, lavorava come operaio. La notte prima di sparire era stato a una serata karaoke al circolo sociale di Trucchi, insieme ad alcuni amici. Con nessuno, a quanto pare, aveva parlato del segreto oscuro che lo affliggeva da mesi, forse anni. Un ricatto online, collegato a una truffa sentimentale su Facebook. Quando la vittima aveva iniziato a ribellarsi, chi lo ricattava aveva alzato la posta: mettendo in mezzo sedicenti “carabinieri”, parlando di una fantomatica “carta di arresto” che l’avrebbe colpito, se avesse smesso di pagare. Tutto falso, ovviamente.
Ma abbastanza “vero” da impressionare una persona che non aveva alcuna familiarità con tutto questo, che si sentiva in trappola. “Non è che la cosa deve andare avanti in eterno, state estorcendo soldi a un invalido civile” si legge in uno dei messaggi, inviato il 15 ottobre, quattro giorni prima della tragedia: “Se lo ricordi bene, anche quello è reato, pure per voi carabinieri”. Dopo la morte del 39enne, la Squadra Mobile ha iniziato a indagare sulle sue conoscenze virtuali e ha scoperto la chat con una certa Francesca Di Marzio: l’origine di tutto, sostiene oggi la Procura.
La sedicente Francesca Di Marzio si chiamerebbe in realtà Carmela Romano. Una ragazza di Nola, in provincia di Napoli, classe 1997: insieme alla giovane è a processo il fidanzato Mario Miceli, classe 1993, anche lui nativo di Nola e residente a Roccarainola. Per entrambi l’accusa è di estorsione, cui si aggiunge l’ipotesi di morte in conseguenza di altro delitto. Alla 22enne era in uso la carta Postepay su cui Ghinamo, per mesi, aveva continuato a versare cifre ingenti: “Somme di denaro fino a un massimo di 500 euro, da versare mensilmente, in rapporto a una ragazza di nome Angela con cui Ghinamo poteva avere qualche relazione” spiega l’ispettore Guido Zirretta, sentito come teste.
Nelle chat di Whatsapp tra i due fidanzati, ricostruite dal perito informatico, la prima menzione del cuneese risale al 20 gennaio 2019: “Visto Ghinamo? Me li ha mandati i soldi” scrive lei. “Sì amore, brava” risponde lui. In altre conversazioni è il fidanzato a chiedere di lui: “Niente, amore, - spiega la ragazza - è in ospedale. Appena esce me li faccio mandare, se non me li manda più siamo rovinati. Sto mese abbiamo un sacco di spese”. Già a gennaio, la Romano si preoccupa di trovare alternative: “Mi serve un contatto falso, Ghinamo me li manda fino a marzo i soldi: devo iniziare a farlo innamorare di qualcun’altra”. A maggio scrive “200 euro, ho fatto amore. Sulla carta Ghinamo”, il tutto accompagnato da un emoticon che ride: “Sei grande” risponde Miceli. Con lui, sempre a maggio, parla delle minacce di arresto: “Ghinamo amore mi deve mandare dei soldi” dice, e subito dopo “vuoi leggere la carta dell’arresto? Ahahah”.
Un contraltare tremendo di queste chat tra innamorati è lo scambio tra “Francesca” e Ghinamo. L’escalation è ad ottobre: “Non sbagliare, perché ti trovi in difficoltà con la presenza di tua madre che non sarà contenta di sapere tutto”. È la prima minaccia, sottolineano gli investigatori: “Non mi ricatti per piacere, io sono già in difficoltà” risponde la vittima, facendo presente che dopo un precedente versamento, da 500 euro, la banca ha allertato la famiglia. “Non mi mettere in difficoltà, devi mandarmi tutti i 500 euro” ribatte l’interlocutrice, che ancora pochi giorni dopo rincara la dose: “Vedi tu come fare, se entro stasera non ci sono soldi tua mamma saprà la triste verità di cosa hai fatto. E non penso sarà la cosa più brutta, hai capito?”. In risposta alle suppliche si tira in ballo la minaccia di arresto. L’ultimo messaggio è del 17 ottobre 2019, due giorni prima del suicidio: “Dato che il 27 è domenica, il 28 vengono i carabinieri a prenderti. Ora sai tu come fare, ciao”. “Come faccio a mettere i soldi che è tutto chiuso” risponde Ghinamo, disperato.
L’operaio di Cerialdo non è stato l’unica vittima, a quanto sembra. Un cinquantenne veneziano, chiamato a testimoniare, ha ammesso di essere stato indotto a pagare per mesi una sedicente escort che si faceva chiamare Julie Bianchi: trecento euro via Postepay, per un incontro mai concretizzatosi. Poi altre somme, sulla prepagata di un avellinese, amico della Romano: “Julie” diceva di avere problemi di salute, di aver smesso con quella vita. Chiedeva un aiuto per le spese e l’affitto, dicendosi pronta a restituire tutto. Romano e Miceli parlano anche di quest’uomo, nelle loro chat. Lui, sembra, non vedeva di buon occhio l’idea che la fidanzata si facesse coinvolgere in questa vicenda. Lei gli diceva di non preoccuparsi: “È nu scem”.
Andrea Cascioli

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