‘Paghi o il suo negozio sarà pignorato’: il giudice lo condanna per estorsione
Tutto nasce dalla denuncia di un’esercente di Roccabruna, taglieggiata da un uomo che si era presentato vendendo abbonamenti per ‘una rivista della polizia’Si era presentato alla titolare di un negozio di Roccabruna con una telefonata, domandandole se fosse disponibile a dare “un aiuto per la Polizia di Stato” con la sottoscrizione dell’abbonamento a una rivista.
Conquistata dai modi garbati dell’interlocutore e convinta di avere a che fare con un agente delle forze dell’ordine, la commerciante aveva acconsentito senza porsi troppe domande. Poi aveva iniziato a ricevere i vari numeri della pubblicazione, con pagamenti in contrassegno per cifre sempre più elevate. Quando dagli iniziali ottanta o novanta euro in contanti era passata a versare assegni sopra i cento euro, la donna aveva deciso di interrompere il suo contributo volontario.
Così nel gennaio 2018 le era arrivata una seconda telefonata, molto meno gradevole, da parte di un sedicente avvocato cuneese che pretendeva il pagamento di una penale per la revoca dell’abbonamento. L’uomo sosteneva che la signora avrebbe dovuto versare 2900 euro tramite pagamento veloce bancario se intendeva disdire e lei, presa dal panico, si era detta disposta a sottostare a queste condizioni. Per fortuna l’intervento di un’impiegata di banca, insospettita, l’aveva convinta a desistere, nonostante in una successiva telefonata “l’avvocato” fosse tornato alla carica formulando un’esplicita minaccia: “Ha risposto che entro mezzora, se non pagavo, sarebbero arrivati gli ufficiali giudiziari a pignorare il mio negozio”.
Risalendo all’intestatario del conto postale indicato, la Procura è arrivata in seguito al rinvio a giudizio di E.D.C., un cittadino italiano residente a Gessate (Milano) con plurimi precedenti penali specifici. Per lui, imputato di tentata estorsione in concorso con ignoti, l’accusa ha chiesto la condanna a un anno e nove mesi di reclusione più 2mila euro di multa. Da parte sua secondo il pubblico ministero non ci sarebbe stata l’intenzione di perpetrare una semplice truffa ma una vera e propria minaccia ai danni della vittima. Di diverso avviso la difesa dell’imputato che ha sottolineato come l’unico elemento riconducibile a E.D.C. fosse l’intestazione del conto Postepay menzionato al telefono dall’autore del ricatto.
Il giudice, al termine del procedimento, ha riconosciuto l’imputato colpevole del reato ascritto e l’ha condannato alla pena di un anno e otto mesi di carcere e al pagamento di 350 euro di sanzione.
a.c.
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