Protestò davanti all’abitazione del sindaco di Centallo, assolto dall’accusa di minaccia
L’imputato, un giostraio, era accusato anche di violenza privata. Motivo scatenante del diverbio, l’annullamento causa Covid di una festa patronale a Roata ChiusaniMalgrado il confronto acceso e irrituale davanti all’abitazione privata del sindaco di Centallo, non ci fu minaccia né violenza privata da parte dell’imputato. Lo ha stabilito stamane il giudice Elisabetta Meinardi, assolvendo da ogni accusa il giostraio P.M., finito a processo insieme a un collega.
Entrambi erano stati denunciati dal primo cittadino Pino Chiavassa, dopo una protesta improvvisata seguita all’annullamento della festa di San Bernardo a Roata Chiusani. L’edizione 2020 della manifestazione avrebbe dovuto tenersi, dal 21 al 25 agosto, in forma ridotta a causa della pandemia in corso. Il timore di una recrudescenza dei contagi, però, aveva indotto l’amministrazione a fare marcia indietro e a comunicare la cancellazione dell’evento il giorno 18. Un boccone amaro, per i gestori dei “baracconi” che avevano già incominciato ad allestire le loro attrazioni in piazza Caduti. P.M. e alcuni altri avevano deciso così di dar luogo a una dimostrazione pubblica, non autorizzata, davanti a casa del sindaco.
Era presente, tra gli altri, il vicecomandante della Polizia Municipale Marco Gatto. La sua testimonianza ha contribuito a chiarire i contorni della vicenda: “P.M. aveva chiesto di parlare col sindaco, ma lui mi rispose che non voleva incontrarli e io riferii la decisione”. Poco dopo, ha aggiunto il vigile, si era tenuta la manifestazione: “Ho sentito rumori di clacson e camion. Sapevo che volevano protestare perché avevano già sostenuto spese per gli allacci di luce e gas. Di fronte all’abitazione del sindaco c’era il camion di P.M., spostato sulla destra in modo da lasciare un paio di metri di spazio”. Circa il contegno dell’imputato, il testimone ha precisato che “P.M. non ha proferito minacce. Lui cercava di ragionare con il sindaco, mentre l’altro giostraio, poi allontanato dal collega, appariva molto arrabbiato”.
Anche l’imputato ha riferito al giudice la sua versione dei fatti, menzionando un’espressione greve che a suo dire sarebbe stata rivolta al collega disabile: “L’ho trascinato via per calmarlo. Dal sindaco volevo solo sapere perché ci avesse tolto il lavoro. Quell’estate avevamo già vissuto situazioni analoghe in paesi dove si erano verificati casi Covid, come Dronero. Lì il sindaco venne di persona a dirci che purtroppo era stato scoperto un focolaio e noi avevamo subito smontato. Chiavassa avrebbe dovuto metterci la faccia”. L’ordinanza, a detta dell’imputato, sarebbe stata discriminatoria verso i giostrai: “In quel periodo l'unica attività chiusa nella zona è stata la nostra. La domenica c’era stata una gara di bocce a Fossano e dopo qualche giorno il concerto di Gabbani”. Il ricorso al Tar contro la cancellazione della festa, in ogni caso, sarebbe poi stato rigettato dai giudici per manifesta infondatezza.
Alla sbarra, come si è detto, sono finiti in due, P.M. e l’altro giostraio coinvolto nell’alterco. Quest’ultimo ha chiesto e ottenuto la messa alla prova, impegnandosi inoltre a versare 400 euro al Comune di Centallo e chiudendo così la vicenda. L’altro imputato ha scelto invece di andare a dibattimento, assistito dall’avvocato Fabrizio Bosio, per chiarire la sua posizione.
A fronte della richiesta di assoluzione formulata anche dal pubblico ministero Alessandro Borgotallo, il giudice Elisabetta Meinardi ha infine assolto P.M. per non aver commesso il fatto con riferimento alla minaccia e perché il fatto non sussiste quanto alla violenza privata.
a.c.
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