Rubarono una bici davanti al comando dei vigili. Ma c’era la telecamera
È successo a Centallo, in periodo Covid. Uno dei due giovani condannati per il furto venne riconosciuto dal portiere del municipio: “Gli ho insegnato il karate”Un colpo da “soliti ignoti” quello che è costato a due ventenni centallesi, G.R. e G.M., la condanna a un anno e sei mesi di carcere, più 300 euro di multa. La pena è stata comminata dal giudice Marco Toscano, con il beneficio della sospensione condizionale, per il furto di una bicicletta.
A denunciare la sparizione del mezzo, nell’agosto 2021, era stata una giovane residente nei pressi del municipio e del comando di Polizia Locale. Nemmeno il tempo di formalizzare la denuncia che la bici era spuntata fuori: i vigili urbani l’avevano già recuperata in piazzale Nuto Revelli, di fronte alla stazione. Accadeva sovente che biciclette rubate “spuntassero” in quei paraggi, ha ricordato il commissario Filippo Davide Scicolone: “Eravamo abbastanza allarmati, perché dal gennaio all’autunno di quell’anno sono stati segnalati svariati furti di biciclette, alcuni denunciati e altri no, in quel condominio”.
Ai due autori materiali, notati insieme ad un terzo soggetto rimasto ignoto, si è arrivati visionando le telecamere di sorveglianza comunali: si vedevano tre individui, appena usciti proprio dal municipio, raggiungere la cancellata dell’edificio in via Crispi. Uno di loro, G.R., aveva scavalcato la cancellata e afferrato la bici, facendola uscire da un apertura che il complice aveva creato nel frattempo, scrollando la recinzione. L’altro, G.M., gli aveva fatto da “palo” finché l’altro si era allontanato in direzione di Fossano. Nessun dubbio sull’identità del ragazzo entrato nel cortile condominiale: G.R. era stato riconosciuto anche dal volontario che faceva da usciere in municipio, Pierluigi Giraudo. Il teste, in seguito deceduto, affermava di conoscerlo perché era stato suo istruttore di karate. Lo stesso commissario Scicolone, anch’egli karateka, ricorda di averlo incrociato sul tatami, oltre che per ragioni di servizio.
Un po’ più complessa si è rivelata l’individuazione del “palo”, per il quale si è fatto ricorso alla locale stazione dei carabinieri. I militari sostenevano di aver riconosciuto sia G.M. che l’altro complice, un giovane che tuttavia si è poi scoperto avere un alibi di ferro: quel giorno lavorava e non era a Centallo. Per i due imputati il pubblico ministero Gianluigi Datta aveva domandato la pena di quattro anni di reclusione. L’avvocato Luciana Ferroglio, difensore di G.R., ha messo in dubbio la qualità dei fotogrammi estrapolati: “Benché a colori, sono immagini molto piccole, dalle quali è possibile individuare solo l’abbigliamento dei tre soggetti” ha osservato il legale, notando inoltre che “la ripresa ‘angolare’ e in fondo alla via non può dirsi così nitida da aver potuto mostrare tutte le fasi”. L’avvocato Alberto Savio si è concentrato sull’erroneo riconoscimento del terzo complice, mettendo in dubbio anche quello del presunto palo: “È risultato che un sospettato non era a Centallo e che stava lavorando: non c’è prova nemmeno che G.M. abbia partecipato a questo furto”.
Andrea Cascioli
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