Secondo la Procura Gianluigi Lentini è stato vittima di estorsione, ma lui nega: 'Era un prestito'
L'ex calciatore della Saviglianese avrebbe consegnato 100 mila euro (mai restituiti) ad un 'soldato' della malavita organizzata di CarmagnolaUn versamento di 100 mila euro nei confronti di una società di investimenti, un prestito mai rimborsato che in realtà non sarebbe altro che una “estorsione mascherata”: a sborsare la cifra sarebbe stato Gianluigi Lentini, ex calciatore del Torino, del Milan e della nazionale, che l'avrebbe consegnata ad Alessandro Longo, soldato di Salvatore Arone, capo della rete criminale di Carmagnola, dove l'ex giocatore è nato e vive tutt'ora. E' quanto risulta dagli atti dell'operazione “Carminius” che ha portato all'emissione nei giorni scorsi di 40 avvisi di chiusura indagini nei confronti di membri delle cosche originarie del Vibonese presenti nella cintura sud di Torino. Il nome dell'ex calciatore, che a fine carriera ha giocato anche in provincia di Cuneo con la Saviglianese, figura negli atti delle indagini come parte lesa: Lentini, ascoltato dai pm, ha negato di essere stato vittima di un'estorsione, ma secondo gli inquirenti la realtà sarebbe proprio questa. Lo riporta il numero odierno de “La Stampa”, in un articolo pubblicato a pagina 49 dell'edizione locale di Torino firmato da Giuseppe Legato.
Ora imprenditore nel campo della ristorazione e della produzione biologica del miele, l'ex Torino a giugno 2016 avrebbe sottoscritto un contratto con tassi di interesse irrisori con una società di investimento (il cui titolare è estraneo alle contestazioni): un prestito di 100 mila euro senza alcuna forma di garanzia scritta o forma fideiussoria per coprire un eventuale mancato rientro. Particolare, quest'ultimo, che ha insospettito gli inquirenti. Il prestito avrebbe dovuto essere restituito nell'arco di tre anni, ma nessuna rata è stata pagata: secondo le indagini, insomma, il prestito sarebbe semplicemente un'estorsione da parte della malavita di Carmagnola nei confronti di Lentini, coperta con un finto prestito mediante una società intestata ad un prestanome, ma occultamente gestita da Longo. L'ex Saviglianese di fronte ai pm ha detto di aver conosciuto il soldato del “superboss” Arone in una sala biliardo e di conoscere gli ambienti da lui frequentati, ma di non aver subìto intimidazioni per quel prestito: “Me ne sono pentito già il giorno dopo aver consegnato i soldi”, avrebbe affermato Lentini.
Non ha trovato conferme, invece, il racconto di Ignazio Zito, pentito, che nel febbraio del 2018 rivelò ai magistrati che lo stesso Lentini fosse tenuto sotto scacco dalle cosche che lo avrebbero costretto a pagare 1000 euro al mese di pizzo per tenere aperto il suo ristorante.
a.d.
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