“Svuotò” i file prima di passare all’azienda concorrente, condannato un agente commerciale
L’uomo era dipendente di una ditta di Cuneo. Lasciando il lavoro cancellò preventivi e dati dei clienti: l’ex datore ha chiesto e ottenuto i danniÈ un caso anomalo di “spionaggio” quello di cui si è occupato il tribunale di Cuneo giudicando P.G., agente commerciale ed ex incaricato di una ditta, attiva nella fabbricazione di porte per garage e portoni industriali.
L’uomo era stato denunciato dall’ex datore di lavoro per accesso abusivo a postazione informatica, rivelazione di segreto professionale, danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici. Quello che l’azienda contestava era che P.G. avesse svuotato il file riservato contenente i preventivi da inoltrare ai clienti e gli ordini da trasmettere. Questo poco prima di lasciare l’impiego e accettarne uno analogo presso un concorrente. “A lui come a tutti i rappresentanti era stato fornito un database con i clienti già acquisiti” ha spiegato la responsabile dell’azienda, costituitasi parte civile: “A gennaio 2018 ha comunicato l’intenzione di risolvere il suo rapporto di agenzia. Dopo pochi giorni ci siamo resi conto che non c’erano più preventivi salvati sulla cartella dal giugno dell’anno precedente. Abbiamo fatto controllare i sistemi informatici da un perito”. Gli ex datori di lavoro dell’agente hanno quantificato in circa 600mila euro i danni che l’impresa avrebbe patito, sotto forma di mancati fatturati, a causa di questa “manomissione” delle cartelle: “C’erano informazioni che avrebbero dovuto rimanere riservate, relativa ai prezzi dei prodotti e agli sconti proposti ai clienti. Alcuni preventivi di altri agenti erano stati scaricati in modo abusivo e sul cellulare aziendale erano stati cancellati molti dei numeri salvati”.
Il perito informatico ha confermato che dal cosiddetto “schedino” erano stati rimossi vari file e che tuttavia non era possibile stabilire in quale data. Altri ex agenti, sentiti come testimoni di difesa, hanno affermato che l’azienda non aveva comunque preteso la restituzione di materiali dopo l’interruzione del rapporto di lavoro. Per il sostituto procuratore Carla Longo “c’è stato senz’altro da parte dell’imputato un utilizzo dei dati sui clienti storici dell’azienda per cui lavorava finalizzato a proporre acquisti di prodotti dell’impresa concorrente che lo aveva assunto”. Chiedendo la pena di un anno e due mesi, il procuratore ha concluso: “Si può discutere sull’ammontare del profitto ottenuto in questo modo, ma gli elementi del reato ci sono tutti”.
Osservazione condivisa dal patrono di parte civile, avvocato Pierpaolo Peano, secondo il quale “dalle mail emerge che fin dal dicembre 2017 P.G. e un dirigente della ditta concorrente parlavano di questioni legate alla clientela, condividendo un dropbox che si può presumere contenesse dati aziendali. La Procura ha rinvenuto sul nuovo computer dell’imputato un dispositivo esterno con tutti i file sottratti”. Tutto ciò rientra nella violazione del segreto professionale, secondo il legale: “Anche l’introduzione in sistemi protetti da password per scopi diversi da quelli per cui la password era stata condivisa integra l’accesso abusivo”. Di tenore opposto le considerazioni della difesa, rappresentata dall’avvocato Marco Pederzani: “È pacifico che l’agente fosse autorizzato ad accedere al server. Non c’è prova che abbia cancellato lui i file dopo il recesso del contratto: non lo ha affermato nessun teste e nemmeno il consulente. Lo ‘schedino’, in ogni caso, era divulgato persino ai clienti e nessuno in azienda ha fornito indicazioni a riguardo”.
Il giudice Sandro Cavallo ha ritenuto l’imputato responsabile di tutti i reati ascritti e lo ha condannato a un anno di reclusione con pena sospesa e al pagamento di 15mila euro di provvisionale. I danni da risarcire verranno quantificati in giudizio civile.
a.c.
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