Troppi misteri attorno alla morte dell’ex ultrà della Juve che sognava un posto in Figc
L’indagine archiviata sul suicidio di Raffaello Bucci lascia aperti gli interrogativi sulle ultime ore di vita dell’uomo-chiave nei rapporti tra la curva, la società bianconera, la Digos e i servizi segretiTre anni di indagini ormai concluse e un sospetto che rimane, messo nero su bianco dagli inquirenti: qualcuno o qualcosa potrebbe aver spinto Raffaello Bucci a gettarsi da un viadotto della Torino-Savona la mattina del 7 luglio 2016.
Una serie di interrogativi che la Procura di Cuneo non ha potuto chiarire aleggiano infatti sulla ricostruzione delle ultime ore di vita del 40enne pugliese residente a Margarita, uomo-chiave nei rapporti tra la curva sud della Juventus e la società bianconera. Il punto di svolta è la mattina del 6 luglio, il giorno prima del suicidio, quando Bucci viene ascoltato dai magistrati di Torino che indagano sulle connessioni tra il tifo organizzato e la cosca ‘ndranghetista di Rocco Dominello. Da quel colloquio esce letteralmente sconvolto, a detta delle persone a lui più vicine, sebbene nelle trascrizioni della Procura nulla faccia pensare a rivelazioni compromettenti. Fatto sta che da quel momento “Ciccio” appare un altro uomo a tutti coloro che hanno modo di parlargli nelle ventiquattrore che precedono la sua morte.
Il mistero della Jeep parcheggiata e degli ultimi incontri prima della morte
Al momento del decesso Bucci è sul piano formale un semplice addetto di una società di sicurezza collegata alla Juventus. In realtà già dall’ottobre precedente opera come referente di Alessandro D’Angelo, security manager del club, nei rapporti con la tifoseria e in particolare con il gruppo dominante dei Drughi, dei quali lui stesso ha fatto parte per anni gestendo le trasferte e gli introiti economici. Bucci è uno che ci sa fare, a detta di tutti coloro che lo conoscono: gli ex sodali ultrà, i colleghi della Juventus e anche i dirigenti della Digos, uno dei quali addirittura lo segnala ai servizi segreti che sono in cerca di una persona su cui fare affidamento per avere informazioni riguardo agli ambienti della curva bianconera. L’obiettivo è quello di nominarlo a breve nel ruolo di “supporter liason officer” (SLO), cioè addetto alle relazioni con i tifosi. Ma lui non fa mistero con gli amici di puntare ancora più in alto, a un qualche posto in Figc.
A mandare in pezzi i suoi sogni è la convocazione in Procura che riceve il 5 luglio. Il giorno stesso o quello precedente, si scoprirà dalle indagini, aveva incontrato allo Stadium Salvatore Cava, un personaggio di punta dei Drughi: Cava afferma di essere stato accompagnato da Geraldo Mocciola detto Dino, leader storico del gruppo, il quale tuttavia sostiene di non ricordarsene. Con Dino, Ciccio aveva avuto negli ultimi mesi del 2014 un grave diverbio legato alla sua attività di organizzatore delle trasferte, al punto da decidere di distaccarsi dai Drughi e di lasciare Torino per un periodo, prima di tornarci come uomo della società. “Bucci ci disse che ci avrebbero arrestati tutti, io chiesi la ragione e lui mi disse ‘Ma se mi chiamano cosa devo dire?’ e Mocciola gli rispose ‘se ti fanno delle domande dì la verità su tutto’”: questo racconterà Cava ai pm cuneesi, precisando che il suo interlocutore avrebbe riferito tutto ciò sorridendo e “a modo di battuta”. Di un possibile ulteriore incontro tra Bucci e qualcuno dei Drughi dopo il suo interrogatorio in Procura parla invece una relazione di servizio della Mobile torinese, che tuttavia non ha trovato conferma da parte della persona indicata dagli agenti come latrice di questa informazione.
In verità, non si sa con certezza dove l’ex ultrà si trovasse la sera del fatidico 6 luglio. Le celle telefoniche lo collocano a Beinette tra le 18,30 e le 21,30, a casa della sua ex compagna che in quel momento era fuori dal Piemonte insieme al figlio, e poi nella sua abitazione di Margarita. Tuttavia, un vicino di casa della donna ha dichiarato di aver visto la Jeep Renegade di Bucci parcheggiata nel cortile condominiale di Beinette ancora dopo le 23 e fino a un’ora compresa tra mezzanotte e l’una: dall’appartamento della vicina, però, non proveniva nessun segno di presenza umana.
Chi ha fatto sparire e ricomparire le chiavi e il borsello?
Il mattino dopo Bucci deve tornare a Torino dove ha appuntamento con un ispettore della Digos e con Cava. Poco prima delle 11 in effetti è nei dintorni della Questura, ma non incontrerà nessuno dei due. Benché le sue conversazioni fossero intercettate, a causa di un guasto nei server della Procura quel mattino non sono state registrate le telefonate che ha avuto tra le 10,38 e le 13,30 con diverse persone: l’ultimo a parlargli è il dirigente di polizia con il quale doveva incontrarsi, che sentendolo molto preoccupato cerca di convincerlo a fare marcia indietro e tornare a Torino. Bucci esce dal casello di Fossano e rientra in autostrada in direzione opposta, ma verso mezzogiorno viene intravisto da due operai al lavoro su un viadotto mentre esce dall’abitacolo, scavalca il parapetto e si getta nel vuoto.
Stando alle testimonianze dei due cantonieri, nessuna persona o automobile era vicina a lui in quei frangenti. La circostanza ha portato gli inquirenti a escludere la possibilità che insieme a Bucci potesse viaggiare un’altra persona, adombrata dal suo ultimo interlocutore telefonico il quale aveva confidato di avere avuto l’impressione che l’uomo si fosse rivolto a qualcun altro nell’abitacolo mentre parlava con lui.
C’è però ancora un’altra zona d’ombra nella vicenda, forse la più oscura di tutte. Riguarda la sparizione e la ricomparsa di un borsello nero e delle chiavi di casa della ex compagna del deceduto all’interno della sua auto. È lei stessa, due giorni dopo la tragedia, a chiedere al security manager D’Angelo di recuperare le sue chiavi e un rosario avvolto attorno alla leva del cambio. Tutti questi oggetti, tranne il rosario, mancano all’appello quando i dipendenti della Juventus ritirano l’auto l’11 luglio e la portano nella sede della società, sorvegliata dai vigilantes. Solo nel primo pomeriggio verranno fatti ritrovare al loro posto e poi consegnati a D’Angelo: da chi? Anche questo è un interrogativo senza risposta ed è un ulteriore elemento che porta la Procura a ritenere tuttora plausibile che Raffaello Bucci abbia davvero incontrato qualcuno tra la sera del 6 e la mattina del 7. Qualcuno che forse ha avuto un ruolo decisivo nella sua scelta di togliersi la vita.
Andrea Cascioli
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