Truffò un italoivoriano di Dronero: colpevole un pregiudicato tarantino
L’imbroglio sull’acquisto di un cellulare. Il presunto venditore era anche l’intestatario della carta Postepay su cui venne effettuata la ricarica (senza contropartita)Sono all’ordine del giorno nelle aule di giustizia le truffe commesse con l’ausilio di Internet. Il binomio tra portali online di vendita (in questo caso il popolare Subito.it) e carta Postepay è ormai un classico collaudatissimo in un’infinità di processi penali.
La carta prepagata delle Poste non richiede l’apertura di un conto bancario ed è facile e veloce da usare per gli acquisti online. L’altra faccia della medaglia, però, è che dopo aver ricevuto una ricarica è altrettanto facile per un malintenzionato far perdere le proprie tracce. Chi commette questi reati, di solito, si assicura di utilizzare una carta o almeno un’utenza telefonica non riconducibile in prima persona a lui o lei.
Una premura che non ha avuto invece A.M., pregiudicato tarantino, classe 1973. L’uomo, oggi detenuto per altra causa, era imputato per la truffa a carico di 37enne, cittadino italiano di origini ivoriane e residente a Dronero. Quest’ultimo ha raccontato al giudice di aver contattato l’autore di un annuncio che metteva in vendita un telefono cellulare usato. I due si erano accordati per un pagamento di 160 euro, che il 37enne aveva portato a termine con una ricarica su Postepay: “Il venditore mi aveva detto di essere a Orbassano ma di non potermi raggiungere, perciò avrebbe effettuato una spedizione. Mi ha mandato il numero di una carta intestata ad A.M. e ho pagato. Lui mi ha detto di aver ricevuto tutto e io sono andato a lavoro”.
Dopo un’ora non era arrivata ancora nessuna risposta in merito alla spedizione: il numero telefonico utilizzato in precedenza per rivolgersi a quella persona era spento. A facilitare il lavoro dei carabinieri, una volta presentata la querela, è stato il fatto che anche l’utenza telefonica del venditore risultasse intestata ad A.M.: “Il soggetto era già stato perseguito per reati di questo tipo - ha spiegato il maresciallo capo Matteo Giunti -. Oltre a questo, grazie a un controllo dei carabinieri di Taranto era stata verificata in quei giorni la sua presenza nelle vicinanze dello sportello in cui era stato effettuato il prelievo Postepay. Non è un dato corposo ma è significativo, perché dimostra che si trovava in città”.
Tutti i movimenti sulla carta, ha ricordato in sede di requisitoria il pm Anna Maria Clemente, erano riconducibili a truffe: “A.M. ha carpito la fiducia dell’acquirente dicendogli che avrebbe fornito indicazioni dopo un’ora perché doveva andare a prendere suo figlio a scuola” ha aggiunto la rappresentante dell’accusa, menzionando anche il fatto che il numero di telefono e il conto erano stati aperti solo pochi giorni prima. Per l’imputato erano stati chiesti nove mesi di reclusione e 300 euro di multa. L’avvocato Livia Bonino ha contestato le conclusioni del procuratore ritenendo che si dovesse parlare piuttosto di un illecito civile: “La mancata consegna del bene è relativa infatti a un’inadempienza, non a una truffa. A.M. ha fornito i suoi dati reali e non ha disabilitato la Postepay né cancellato il numero di telefono, come avrebbe fatto un truffatore”.
Il giudice Lorenzo Labate ha ritenuto provata la responsabilità dell’imputato e lo ha condannato a sei mesi di carcere e 160 euro di sanzione.
a.c.
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