Fossano, scontro di perizie nel processo sulla morte di Gabriella Donalisio
La 75enne morì sulla SP 169 nel 2017: ‘Solo dopo l’incidente ho capito di aver travolto un’automobile ferma’ ha raccontato il conducente dell’altro veicoloSono passati tre anni esatti dall’urto che la sera del 21 ottobre 2017 costò la vita alla 75enne Gabriella Donalisio, pensionata originaria di Scarnafigi ma da tempo residente a San Sebastiano di Fossano. L’anziana al volante della sua jeep Cherokee si stava immettendo sulla Strada Provinciale 169 da un viottolo secondario, nel tratto compreso tra Gerbo e Maddalene.
Non è chiaro se la vettura fosse ferma in mezzo alla strada o stesse rientrando in retromarcia nel momento in cui l’Audi Q7 guidata da S.S., un residente della zona, l’aveva travolta senza avere il tempo di frenare. L’urto trasversale aveva trascinato per una quindicina di metri i due veicoli e provocato la morte istantanea della pensionata. La Donalisio, sposata Casale Alloa, era molto coinvolta nelle attività parrocchiali e frazionali e la sua tragica scomparsa aveva suscitato grande impressione nella piccola comunità in cui viveva.
Nell’ultima udienza del processo per omicidio stradale a carico di S.S. si sono confrontati gli esperti chiamati dalle diverse parti. Sulla dinamica dell’incidente non sussistono dubbi: la jeep della Donalisio aveva invaso la corsia dalla quale proveniva l’Audi, forse per fare manovra. Resta però da capire a quale velocità il veicolo in arrivo abbia impattato contro quello al centro della strada e perché non sia riuscito a frenare per tempo. Il consulente della Procura, ingegner Marco Sartini, aveva stimato una velocità di circa 100 km/h, superiore quindi al limite extraurbano di 90 km/h. La ricostruzione è contestata dai periti della difesa e dell’assicuratore di S.S., secondo i quali il calcolo sul coefficiente di frenata porterebbe a supporre che la velocità fosse inferiore al limite. In ogni caso, procedendo con gli anabbaglianti il guidatore non avrebbe potuto arrestare il mezzo in tempo per evitare l’urto fatale.
Anche sulla questione dell’illuminazione, tuttavia, le valutazioni divergono. L’ingegner Luciano Petrillo, perito di parte civile, afferma di aver notato tra le fotografie scattate dai carabinieri un’immagine nella quale la spia degli abbaglianti sul cruscotto dell’Audi appare attivata: “Sicuramente c’era una velocità superiore ai limiti e una disattenzione del conducente che aveva un enorme campo visivo. Non era possibile non individuare il veicolo posto di traverso sulla strada, che oltretutto ha come particolarità dei cerchi in lega riflettenti e i fanali dal taglio particolare”. L’imputato dal canto suo ha smentito questa eventualità: “Era poco prima delle otto di sera, avevo incrociato alcune vetture che procedevano nell’altro senso di marcia e proprio per questo motivo ricordo di non aver inserito gli abbaglianti”.
Quanto alla velocità e alle circostanze dell’incidente, l’uomo ha sostenuto di aver viaggiato tra i 70 e gli 80 km/h e di essersi accorto della presenza del Cherokee solo all’ultimo: “All’inizio non ho capito cosa avessi davanti, non mi sono reso conto che si trattasse di un’autovettura in manovra. La jeep era nera e aveva soltanto le luci di posizione accese, se così non fosse stato mi sarei accorto di cosa stava accadendo”.
Il processo è stato rinviato al 14 gennaio 2021 per l’audizione dell’ultimo teste.
a.c.
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