Maltrattamenti alla mamma e alla nonna, un trentenne va a processo
La madre, che aveva denunciato, ha negato tutti gli episodi violenti in aula: “Ero arrabbiata”. Ma litigi e piatti rotti erano all’ordine del giornoC’è voluta tutta la pazienza del pubblico ministero per convincere una donna a raccontare in aula almeno una parte dei fatti per cui il figlio, un trentenne di origine maghrebina residente a Fossano, si trova oggi a processo con l’accusa di maltrattamenti.
Nel dicembre di due anni fa la denuncia presentata proprio dalla madre, che affermava di essere stata colpita anche con schiaffi al volto. In tribunale, dopo aver ritirato la querela, ha ritrattato tutto: nessuna violenza, anzi, sarebbe stata lei a colorire quegli episodi. “Ero troppo arrabbiata” è la frase che ha ripetuto più volte. Perfino l’accesso in pronto soccorso sarebbe stato una conseguenza di questa rabbia: “Sono andata in ospedale solo per spaventarlo” sostiene adesso la signora.
Nemmeno la violenza di cui sarebbe stata vittima sua madre, la nonna dell’imputato, viene data per certa: “Mia madre dice che era stato lui a farla cadere, io però non c’ero. Quando ho parlato con mio figlio, mi ha detto di non mettermi in mezzo: ha detto che si erano solo parlati, lui voleva passare e lei era caduta da sola”. I carabinieri però avevano trovato l’anziana sdraiata sul divano, quando erano arrivati in casa chiamati proprio dalla mamma dell’accusato: “Lamentava dolori alla gamba destra, abbiamo richiesto l’intervento del 118” ricorda uno dei militari intervenuti. Davanti alla pattuglia l’uomo aveva continuato a insultare la madre, in italiano: “Lui diceva che la mamma era una pazza, ha proferito ingiurie e le ha detto ‘alla moschea non devi più andare per quello che hai fatto’. Non sappiamo a cosa si riferisse”.
La madre, musulmana osservante, era molto contrariata pure dal fatto che il figlio avesse diffuso su Facebook un video di lei senza velo in casa, girato di nascosto. Più in generale, le liti riguardavano la scarsa collaborazione di lui alla vita domestica: “A 31 anni doveva prendersi responsabilità, cercare un lavoro e seguire le regole a casa”. Pur negando i maltrattamenti fisici, la signora ha ammesso che gli scontri erano frequenti: “Mio figlio mi insultava dicendomi che ero una donna di strada, per questo mi arrabbiavo. Soprattutto perché la sorella piccola non doveva sentire quelle cose”. Alla domanda riguardo ai danneggiamenti, la donna ha risposto che “una volta ha rotto bicchieri e piatti”. I carabinieri avevano trovato inoltre una porta rotta e varie stanze nella casa a soqquadro.
Un’assistente sociale del consorzio Monviso Solidale ha ripercorso i suoi rapporti con il nucleo familiare, segnato da uno stato di bisogno economico e da gravi tragedie. Con l’imputato nessun dialogo, ma una volta lui si era presentato in sede per accusare la madre di maltrattamenti alla sorellina: “Aveva anche un video. Io non c’ero in quel momento, me lo hanno raccontato. Ho poi convocato la signora che ha raccontato un’altra storia: era lui che maltrattava lei, ha detto. C’erano di sicuro maltrattamenti verbali e a volte venivano alzate le mani, con spintoni e strattonamenti”.
Andrea Cascioli
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