Sparatoria a Fossano, padre e figlio alla sbarra: per i testimoni di difesa “quella sera non erano armati”
Sei anni fa il presunto scambio di colpi tra i due imputati, impresari edili albanesi, e un meccanico italiano già condannato per la stessa vicenda“Non avevamo né pistole né bastoni: mio padre era molto riconoscente al padre di T.G. per tutto ciò che aveva fatto per la nostra famiglia quando eravamo arrivati dall’Albania”: così ha riferito ai giudici un giovane albanese residente a Fossano, testimone di difesa citato nell’ultima udienza del processo per tentato omicidio che vede imputati suo padre e suo fratello maggiore.
Secondo la Procura la notte del 29 novembre 2015 A.K. e R.K., i due impresari edili accusati, si sarebbero recati armati all’appuntamento con il meccanico 26enne T.G., loro conoscente di lunga data. Nei pressi dello stabilimento Unifarma di Fossano avrebbe avuto luogo uno scambio di colpi tra l’italiano e i due albanesi: T.G. aveva rimediato una ferita alla mascella mentre R.K. era stato raggiunto alla gamba da uno dei proiettili sparati dal suo avversario. Per questa vicenda T.G. ha in seguito patteggiato una condanna a due anni e otto mesi e si è costituito come parte civile nel processo contro i due presunti feritori. Quella sera, ha ammesso, si era presentato armato insieme a un altro uomo all’incontro “chiarificatore” richiesto dai due albanesi dopo una rissa in centro della quale insieme a R.K. era stato protagonista.
Il meccanico ha raccontato di aver incrociato un gruppo di sei persone, tra cui aveva riconosciuto i due imputati e il fratello minore di R.K., e di essere stato sopraffatto e pestato con un tubo di metallo. Solo a quel punto avrebbe estratto la pistola e sparato prima in aria e poi alla gamba di R.K., per rifugiarsi infine nella sua auto. Qui era stato a sua volta raggiunto da un proiettile alla mascella dopo aver sentito A.K. dire al figlio di prendere la pistola dallo sportello dell’auto. L’uomo, tuttavia, ha affermato di non aver individuato con chiarezza il suo feritore.
Di tenore molto diverso è la ricostruzione offerta dal fratello all’epoca 19enne di R.K., presente sulla scena insieme a un suo coetaneo e amico: all’incontro si sarebbero presentati in quattro e nessuno di loro armato. Sarebbe stato T.G., secondo questa versione, l’unico a far fuoco dopo essere sceso dalla sua auto in compagnia di una persona che non conosceva: “Mentre mio fratello stava uscendo a sua volta dalla macchina ho sentito uno sparo e ho visto una fiammata davanti alle mani di T.G., poi mi sono riparato sul volante”. Anche l’amico che era con lui sia durante la rissa che durante il presunto regolamento di conti ha confermato di aver sentito due colpi di pistola in successione e poi un altro sparo.
Il processo è stato quindi rinviato al 24 marzo per l’audizione dell’ultimo teste e l’esame degli imputati.
a.c.
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