Tentava di adescare minorenni inviando foto di ragazzine: un’altra condanna per il “predatore”
Nella rete del pregiudicato bresciano, già condannato per reati analoghi, sono finiti due ragazzini che vivevano nel Cuneese e nel Torinese. Poi la denuncia di una madreNon si è andati più in là dello scambio di messaggi e foto, prima che la madre di un adolescente, all’epoca quindicenne, scoprisse ciò che stava accadendo e denunciasse tutto. Rocco Tonetti, bresciano di Palazzolo sull’Oglio, classe 1974, si è trovato a processo per adescamento di minore a Cuneo.
Era già successo altre volte. A Ravenna, nel 2021, la sentenza è diventata definitiva e il “predatore” è finito in carcere. Ormai era già una vecchia conoscenza della Polizia Postale di Brescia che in un’occasione, pochi mesi prima che partisse l’indagine cuneese, si era presentata a casa sua per una perquisizione: l’uomo aveva scaraventato dalla finestra il pc e gli hard disk. La volta dopo, i poliziotti avevano finto di essere corrieri postali, poi gli avevano sequestrato telefoni e modem.
“Non sapevamo più cosa portargli via, dato che continuava a procacciarsi immagini pedopornografiche” ha raccontato l’ispettore Alberto Colosio al giudice Emanuela Dufour, che stamani ha condannato Tonetti a un anno e otto mesi di carcere. Il sostituto procuratore Alessia Rosati aveva chiesto due anni, alla luce della precedente sentenza già passata in giudicato e anche del sostanziale disinteresse dell’imputato per il processo: “Ci sono stati numerosi rinvii per la possibile scelta di un rito alternativo che in realtà non ha mai richiesto”. Così la giustizia ha fatto il suo corso, chiudendo una vicenda che si trascinava dal 2017.
Due i ragazzi “presi di mira”: all’epoca avevano sedici e quindici anni, erano amici, uno di loro risiedeva in provincia di Cuneo. Il più giovane ha spiegato di aver conosciuto Rocco attraverso Facebook: “Mi ero iscritto indicando più anni di quelli che avevo, altrimenti il social non me lo avrebbe permesso. Ma a Rocco avevo detto quale fosse la mia età reale”. Dopo qualche chiacchiera di circostanza, sulla scuola e le ragazze, si era passati a conversazioni sempre più intime: “Mi inviava foto di ragazzine di tredici o quattordici anni, chiedendo quali mi piacessero di più. Poi ha cominciato a chiedermi se avessi già avuto rapporti con uomini o con donne. Mi aveva anche proposto di pagarmi in cambio di foto intime o di andare a casa sua con il mio amico, per fotografarci assieme”. Lui, precisa, non aveva acconsentito a nessuna di queste richieste: “Mi diceva che ero un bel ragazzo, complimenti semplici. Chiedeva di incontrarci e di provare assieme nuove esperienze”.
Dopo un po’ di tempo, il ragazzo si era deciso a raccontare tutto a sua madre: “So che è intervenuto per difendere il suo amico, un ragazzo più fragile. Anche io avevo chattato con quell’uomo, fingendo di essere mio figlio. All’inizio diceva di avere sedici anni, poi aveva ammesso di averne quarantatre. È durata forse un giorno, poi l’ho bloccato perché provavo schifo”. E subito dopo era arrivata anche la denuncia.
“Diceva che poteva darmi soldi per la droga o per le escort - ha confidato l’altro giovanissimo coinvolto -, o anche che avrebbe potuto farmi conoscere ragazzine della mia età. In cambio voleva foto che mi ritraessero nudo”. Nel suo caso, ha spiegato, c’era più timore: “Dalle foto sul sito si vedeva che era un adulto e avevo paura che mi denunciasse o che chiamasse gli assistenti sociali, dato che io ero un ragazzino. Volevo smettere di scrivergli ma era lui a insistere, qualche volta gli scrivevo per primo solo per vedere se dopo mi avrebbe lasciato in pace”. Nessuna videochiamata né incontri di persona, ma molte sgradevoli intromissioni nella sua vita personale: “Gli avevo confidato che mi sentivo con una ragazza di Milano, lui diceva cose oscene come ‘andiamo a scoparcela?’. Io gli chiedevo di smetterla”.
Andrea Cascioli
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