Condannato per abusi su una minorenne in un parco di Mondovì
Il pubblico ministero aveva chiesto nove anni di carcere: “Una violenza sessuale da strada, l’incubo di ogni donna”. La difesa: “Era stata lei ad approcciarlo”Si è chiuso con la condanna a tre anni e quattro mesi, rispetto ai nove richiesti dalla Procura, il processo contro un uomo accusato di abusi su una giovane di Mondovì.
La ragazza non aveva ancora compiuto diciotto anni quando si era recata in Pronto soccorso, nell’agosto del 2019, denunciando un’aggressione sessuale da parte di un uomo molto più grande di lei. Da lì erano partite le indagini dei carabinieri che avevano condotto all’individuazione del sospettato: un cittadino straniero, classe 1983, residente a Bastia Mondovì. I passaggi della sua auto nella zona di parco Europa, luogo dove si sarebbe consumato il misfatto, corrispondevano con gli orari indicati dalla ragazza.
Gli inquirenti avevano analizzato anche le conversazioni sui social network, trovando le credenziali di un falso profilo Facebook descritto dalla diciassettenne come quello utilizzato dal molestatore. Secondo il racconto della giovane, l’uomo le si sarebbe avvicinato a tarda ora mentre lei era seduta su una panchina. Dopo qualche approccio l’avrebbe convinta a spostarsi in un’area più appartata del parco, per poi costringerla ad atti sessuali prima che lei riuscisse a divincolarsi e scappare.
La presunta vittima è stata sentita in varie occasioni sia prima che durante il processo e ha sempre confermato le accuse. L’individuo, ha spiegato, si sarebbe presentato come un italiano di 26 anni e l’avrebbe ricontattata su Facebook in un secondo momento. Versione smentita in parte dall’imputato, il quale ha ammesso di essersi presentato con un falso nome dalla diciassettenne ma ha aggiunto di non essere stato messo a conoscenza della sua reale età: “Mi aveva detto di avere quasi diciannove anni”. Secondo quanto affermato dall’imputato, i due si sarebbero scambiati effusioni per qualche minuto e da lei sarebbe partita la richiesta di tenersi in contatto via Facebook: “Quando ci siamo salutati ha preso il mio telefono e si è inviata la richiesta di amicizia. Qualche giorno dopo le ho scritto dicendole che ero il ragazzo del parco, ma mi ha subito bloccato sul social”.
Per il sostituto procuratore Carla Longo numerosi elementi convergevano comunque contro di lui, a partire dalle dichiarazioni di una persona offesa ritenuta credibile in virtù dei numerosi dettagli forniti: “Parliamo di una violenza sessuale da strada, l’incubo di ogni donna che si trovi a camminare da sola in orario notturno. Un approccio a una minorenne da parte di una persona del tutto sconosciuta”. L’avvocato Bottero, per la parte civile, ha menzionato i riscontri delle analisi genetiche sui capi indossati dalla ragazza: sia sul collo della camicetta che sui pantaloni erano state ritrovate tracce di Dna maschile non identificabile, ma per certo non appartenente né al padre né al fratello. L’episodio, ha aggiunto, avrebbe provocato un forte shock all’adolescente: “Non sapevo neanche se fidarmi delle persone che conoscevo” aveva confidato.
“Non è stata fermata per strada né trascinata sulla panchina, ci si è seduta di sua volontà e ha approcciato lo sconosciuto” ha obiettato l’avvocato Fenu, difensore dell’imputato, aggiungendo: “La persona offesa afferma di non essere stata ostacolata nell’andarsene e di non aver subito minacce né fisiche né verbali. Dice solo di avere avuto paura: non si sa però da cosa fosse indotta la paura”. Il legale si è soffermato sulla presunta volontà di dare seguito all’incontro da parte della giovane: “Fornire il contatto social è già abbastanza evocativo di una disponibilità”.
a.c.
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