Il capo della baby gang a processo per le scritte in stazione a Mondovì
Il 21enne di Ceva, accusato anche di minacce a una capotreno che l’aveva denunciato, aveva ricevuto un daspo Willy insieme a tre minorenni“Meglio un amico delinquente che un carabiniere invadente”, “gli sbirri non sono i benvenuti”, “meglio in galera che pentito”: sono alcune delle scritte a pennarello nero che i frequentatori della stazione ferroviaria di Mondovì avevano visto comparire nel febbraio dello scorso anno.
Sulla parete sovrastante la bacheca delle partenze una delle più visibili: “Lo sbirro ti arresta, il pm ti accusa, il giudice conferma ma a noi nessuno ci ferma”. Tutti concetti identici, come identiche - secondo gli inquirenti - erano le mani che li avevano tracciati. I quattro presunti autori, tre minorenni e un maggiorenne, tutti residenti nel Monregalese, avevano ricevuto pochi mesi dopo il daspo Willy, con l’intimazione a non frequentare esercizi pubblici o sostare nelle vicinanze della stazione per un periodo tra uno e due anni. Per due di loro è stato deciso un aggravamento della misura - ora c’è la sorveglianza speciale - perché avevano continuato imperterriti a comportarsi come prima.
Il più grande del gruppo, S.R., classe 2003, nativo di Ceva e domiciliato a Lesegno, è ora a processo per imbrattamento presso il tribunale di Cuneo. Si tratta dello stesso giovane già rinviato a giudizio, insieme a un cugino, per una minaccia ai danni di una capotreno. Per mesi interi la baby gang, formata da giovanissimi italiani e nordafricani, aveva imperversato sui treni fra Mondovì, Ceva e Lesegno, terrorizzando i pendolari e prendendo di mira anche il personale ferroviario.
Andrea Cascioli
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