La denuncia di una mamma: “Il mio compagno colpì nostra figlia neonata, mentre la tenevo in braccio”
Il monregalese è accusato di maltrattamenti. Le violenze sarebbero avvenute anche mentre lei era incinta: “Dormivo in auto e non chiedevo aiuto, per vergogna”Dice di non aver chiesto aiuto per mesi interi, solo “per quieto vivere”. Nella speranza assurda, col senno di poi, che lui sarebbe cambiato, se non per lei, per la bimba che avevano appena avuto assieme. Una prima denuncia ritirata, raccontando ai carabinieri che era stato tutto un equivoco. Poi un’altra denuncia per maltrattamenti, questa volta senza ritrattazioni, proprio perché la bambina non dovesse crescere in una casa come quella: “Non volevo che mia figlia vedesse un padre violento e ubriaco”.
C’è l’abuso di alcol e droga, sostiene in tribunale lei, una 39enne monregalese, all’origine delle violenze che ha dovuto subire fin da prima che la piccola nascesse. Con lui la convivenza era iniziata nel primo periodo del Covid. Tutto bene fra loro, finché i fantasmi di un passato di dipendenze erano affiorati: “Non ci sono mai state interruzioni nella relazione, ma più volte, quando lui beveva, io mi allontanavo da casa e andavo da mia mamma: è successo anche dopo la nascita della bambina”. Beveva sia a casa che fuori, racconta la ex compagna: “A volte lo trovavo per terra dopo essere rientrata da lavoro. Ha rifiutato sia l’aiuto di un prete, che conosceva, sia quello dello psicologo dove io sarei stata disposta ad andare assieme a lui”. Oltre al vizio della bottiglia ci sarebbe stato anche altro: “Lasciava tracce di polvere bianca e ha anche ammesso l’uso di cocaina, poi ha iniziato a dire che ero io ad essere fissata. Sapevo che era stato in comunità e gli ho chiesto se avesse bisogno di tornarci, anche solo per un anno. Lui non ha risposto nulla”.
Impossibile aiutarlo e altrettanto impossibile stargli vicino. Perciò sarebbero incominciate le fughe da casa e il classico repertorio di tristi bugie con la famiglia: una volta, ha riferito la donna, lui le aveva sferrato un pugno alla tempia mentre lei cambiava il pannolino alla bambina. Alla sorella, accortasi di quel livido, avrebbe raccontato di aver sbattuto contro una specchiera: “C’era la bambina e speravo che lui cambiasse”. Ma le violenze sarebbero già accadute mentre lei era in gravidanza: “Lui mi aveva sferrato un calcio nel sedere e io ero andata a dormire in macchina, per non dover andare l’ennesima volta da mia madre”. Mesi prima di quell’episodio c’era già stata la prima denuncia: i carabinieri in servizio quella notte ricordano di averla vista arrivare piangendo, poco prima delle due. “Nonostante la mascherina, sul lato sinistro del volto si notavano abrasioni all’altezza dell’occhio e dello zigomo” ha dichiarato un vicebrigadiere.
Le botte, spiega la 39enne, arrivavano dopo litigi inspiegabili, perlopiù a causa del suo rapporto con la famiglia: “Ce l’aveva con i miei fratelli, più che altro. Diceva che non dovevo più vedere la mia famiglia. Mi insultava: sei una p..., non vali niente. Mi diceva ‘sei solo capace a spalare m…’, perché di lavoro faccio le pulizie”. A settembre del 2022, più di un anno dopo la denuncia ritirata, l’episodio che avrebbe indotto la neomamma a dire basta. Quella sera, verso le otto, aveva appena addormentato la figlia e chiesto al padre di non fare rumore: “Quando la bambina si è svegliata l’ho presa in braccio, stavamo litigando. Lui ha colpito nostra figlia sulla schiena lanciando una confezione di yogurt: io mi sono infuriata, ho preso una bottiglia di vino e gliel’ho tirata contro, senza prenderlo”. A quel punto l’uomo si sarebbe avventato contro di lei, colpendola con un manico di scopa: “Sentivo il sangue scendere sul collo e mi sono spaventata. Uscita di casa, ho provato a suonare i campanelli, ma nessuno rispondeva. Allora ho chiamato mia sorella e ho provato a suonare di nuovo: ero scalza e sporca di sangue, era sporca anche la bambina”.
La sorella e la madre della donna, ma anche una ex vicina di casa, hanno confermato gli episodi a loro conoscenza. “Purtroppo si è vergognata di parlarmene, le avevo visto segni addosso ma lei aveva inventato scuse” ricorda la sorella: “Lui se la ‘comprava’ con le parole, dava sempre colpa a qualcosa per il fatto che avesse bevuto: la morte di suo padre o la perdita del lavoro. Poi prometteva di cambiare e raccontava che voleva stare con lei e con la bambina”. Il prossimo 18 dicembre l’istruttoria proseguirà con altri testimoni.
Andrea Cascioli
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