Mondovì, botte alla sorella 15enne ‘‘per insegnarle l’educazione’’: a processo un pregiudicato
Il 27enne italo-marocchino, all’epoca ai domiciliari, disapprovava anche il fatto che la ragazza andasse in oratorio. Dopo le percosse lei è andata in comunitàA detta degli assistenti sociali e dei volontari che seguivano quel nucleo familiare, la tensioni tra il fratello 27enne e la sorella minore riguardavano lo scarso impegno di lei negli studi, le frequentazioni poco gradite alla famiglia ma anche il fatto che la quindicenne frequentasse l’oratorio del quartiere e non avesse ricevuto un’educazione conforme ai principi dell’Islam.
Difficoltà relazionali continue, in un ambito già segnato da un forte degrado, che sarebbero sfociate nella sopraffazione fisica. Fino a quando l’adolescente aveva deciso di non poter più sopportare tutto questo e denunciato il fratello dopo essere finita in ospedale per le percosse subite nell’agosto 2019. Il giovane, un italo-maghrebino residente a Mondovì, ha precedenti per spaccio di droga e si trovava agli arresti domiciliari da appena due mesi all’epoca dei fatti. Ora deve rispondere davanti al tribunale collegiale di Cuneo dei presunti maltrattamenti aggravati dalla minore età della vittima e dalla convivenza familiare.
L’episodio di violenza dal quale è scaturita la denuncia non sarebbe stato un evento sporadico: “Una sera - ha raccontato una volontaria della Caritas - la madre mi ha chiamata perché sua figlia era scappata dopo essere stata picchiata dal fratello. L’abbiamo trovata dietro a un cespuglio che piangeva e diceva ‘non ce la faccio più’, però non aveva voluto raccontare nulla. Un’altra volta l’avevo vista con i lividi su una spalla e l’avevo invitata di nuovo a denunciare il fratello”. Anche sua madre raccontava di aver subito violenze in casa, a opera del marito che tuttavia non aveva mai voluto denunciare. La minore, già coinvolta un affidamento diurno pochi mesi prima, era stata accolta dal centro d’ascolto antiviolenza L’orecchio di Venere.
Sia lei che la madre hanno lasciato la famiglia di origine: “Vivono molto meglio, - assicura la volontaria - lei lavora e si mantiene mentre la figlia ha molto più successo a scuola: ha anche avuto una borsa di studio”. Già durante il periodo in comunità la giovane aveva interrotto i contatti con il fratello e il padre: “Disse che non era la prima volta che la picchiava e che i genitori erano presenti, ma non erano intervenuti perché a detta di suo padre era bene che il fratello le insegnasse l’educazione” ha raccontato un’assistente sociale.
L’imputato, dal canto suo, aveva voluto spiegarsi con le persone che assistevano la sua famiglia: “Aveva ammesso di aver dato uno schiaffo a sua sorella, affermando di essere molto dispiaciuto. Diceva di averlo fatto perché era preoccupato per lei riguardo allo studio e alle cattive compagnie e di essere intervenuto perché a suo dire i genitori non sapevano fare nulla e voleva salvaguardare la sorella”.
Nell’udienza del 10 marzo verranno ascoltati i restanti testimoni.
a.c.
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