Mondovì, diffamata dall’’amica’ con un falso profilo Facebook
Protagoniste della vicenda due donne marocchine residenti in città: ‘Usava le mie foto e diceva che faccio la prostituta, sono anche stata aggredita da un uomo’Ad accorgersene erano stati vari amici e conoscenti, lamentatisi con lei dopo aver ricevuto ingiurie da un profilo Facebook che si presentava con il suo nome, il suo numero di cellulare e le sue fotografie. Peccato che lei, un’immigrata marocchina residente all’epoca a Mondovì, non ne sapesse proprio nulla.
“Quel profilo aveva tutti i miei dati. Chi l’aveva aperto aveva anche scritto un annuncio in arabo indicando il mio indirizzo e scrivendo che mi prostituivo per 10 o 20 euro” ha raccontato la donna, ripercorrendo la sgradevole vicenda che l’ha vista involontaria protagonista nell’autunno 2018: “Sono stata contattata da diversi uomini per questo motivo, un paio li ho trovati ad aspettarmi davanti a casa”. Come se non bastasse, l’anonimo impostore si era divertito a utilizzare quell’account per offendere gli abitanti di Mondovì, i familiari della donna e in particolare un suo conoscente e connazionale residente nella stessa città: “Mi sono trasferita di casa perché la mia vita era diventata un inferno. Una notte ho perfino subito un’aggressione da parte di quell’uomo che veniva accusato di essere il mio amante e insultato”.
È evidente che ad architettare tutto doveva essere stato qualcuno che la conosceva bene, e la vittima ha nutrito subito fondati sospetti sul conto di S.B., una sua connazionale 25enne con cui aveva avuto pesanti diverbi: “Era la precedente inquilina dell’alloggio in cui risiedevo. Avevo avuto una rissa con lei ma in passato eravamo state amiche, aveva il mio numero di telefono e poteva vedere il mio vero profilo Facebook”. A confermare il sospetto anche il fatto che il ‘fake’ utilizzasse come immagine di profilo una foto che le due si erano scattate insieme a Mondovicino: “È una foto che avevamo solo noi due e ci ritraeva insieme. Lei l’ha ‘tagliata’ in modo che comparissi soltanto io”.
Dopo aver chiuso l’account, la Polizia Postale era arrivata alle stesse conclusioni riscontrando che lo stesso era stato aperto tramite un’utenza telefonica marocchina intestata a S.B.: la giovane si è così ritrovata a processo sia per diffamazione che per sostituzione di persona. “Abbiamo il riscontro certo fra il numero di telefono e l’indirizzo della pagina. Sul profilo venivano utilizzate fotografie che solo S.B. poteva avere, ed essendo persona di lingua araba era in grado di scrivere i post ingiuriosi segnalati dalla parte offesa” ha concluso il sostituto procuratore Chiara Canepa, chiedendo un anno di reclusione per l’imputata.
“La sim è intestata a lei ma non sappiamo se ne fosse l’unica utilizzatrice” ha obiettato l’avvocato Dora Bissoni, chiedendo l’assoluzione almeno con formula dubitativa e ricordando che “S.B. è parte offesa nei confronti della querelante per reati più gravi rispetto a quelli per cui è indagata”.
Riconoscendone la colpevolezza sia per diffamazione che per sostituzione di persona, il giudice Sandro Cavallo ha condannato l’imputata a otto mesi di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale.
a.c.
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