Parla la maestra d’asilo a processo per maltrattamenti: “Le accuse? Una pugnalata alle spalle”
Strattoni, offese e cibo imboccato a forza in una scuola del Monregalese. Ma lei nega tutto: “Mai avuto contrasti, ho saputo della denuncia da un servizio tv”“Ho saputo di cosa fossi accusata accendendo la televisione. Un servizio al tg mostrava il giardino della mia scuola ma non capivo, pensai che una collega fosse finita nei guai”: si interrompe mentre racconta al giudice la sua storia, piangendo, la maestra d’asilo finita a processo dopo la denuncia di alcuni genitori.
La vicenda ha scosso un’intera comunità, tre anni orsono, in un paese alle porte di Mondovì. Uno di quei luoghi in cui tutti conoscono tutti e dove la maestra della scuola è anche un’autorità morale, di cui nessuno dubiterebbe. Lei, l’accusata, è un’insegnante con oltre trent’anni di servizio e una specializzazione nel sostegno ai bimbi con particolari difficoltà di apprendimento. In quell’asilo aveva trovato il suo posto nel mondo, dice: “Mi piaceva perché è una scuola piccola ed essendo in un paese potevamo fare tante escursioni didattiche, cose che non sarebbe possibile realizzare in città”.
Eppure non tutti devono aver apprezzato la sua solerzia, se è vero che da qualche voce raccolta tra mamme, bidelle e colleghe maestre è partita l’indagine che l’ha costretta a cambiare istituto e ad affrontare un procedimento penale. L’accusa è di abuso dei mezzi di correzione, in riferimento a una serie di episodi che si sarebbero verificati nell’anno scolastico 2018/19. Si parla di bambini strattonati o alzati da terra per un braccio, lasciati in punizione in uno stanzino buio, fatti oggetto di abusi verbali e offese. Uno dei piccoli sarebbe stato costretto ad annusare le sue mutande, un altro ancora morso a un dito “per fargli capire cosa si prova”. In un paio di occasioni, la maestra avrebbe imboccato a forza alunni che non volevano assaggiare la frutta. Le accuse sono state confermate, almeno in parte, dalle due collaboratrici scolastiche e da una collega che si occupava del sostegno: “Con i genitori - ha dichiarato l’insegnante - non ho mai parlato di quel che succedeva. Non mi sembrava opportuno dirgli che mandavano i loro figli in una scuola dove io non avrei portato i miei”.
“Obbligare un bimbo a mangiare? Non lo farei mai, ho il terrore che possano soffocarsi fin da quando lo vidi accadere in una scuola dove insegnavo anni fa” spiega l’imputata. Anche l’episodio del dito morsicato “per punizione”, afferma, sarebbe il frutto di una diceria diffusa da qualcuno: “Avevo sentito un alunno piangere perché un compagno lo aveva morso. Io andai da quest’ultimo e gli presi il ditino, fingendo di morderlo e dicendogli ‘ti piacerebbe se lo facessero a te?’”. Una simulazione per punire un comportamento sbagliato, insomma, nulla di più. La maestra nega anche di aver mai usato espressioni offensive nei confronti dei piccoli, frasi come “non sei capace a fare niente”, “non hai cervello” o “sei da asilo nido”, che una delle bidelle dice di aver sentito: “Una volta ho richiamato un bambino dicendogli di non fare il pagliaccetto. Sua mamma mi aveva contestato per questo, ma è stata l’unica volta”.
Ancor più categoriche le smentite riguardo all’episodio dello scolaro costretto ad annusare le sue mutande (“in bagno con i bambini c’erano le bidelle, non io”) o alla misteriosa “stanza buia” evocata in qualche discorso, ma smentita da tutti i testi ascoltati in aula: “Nella scuola non c’è nessuna stanza buia, c’è uno sgabuzzino nel quale è vietato ai bambini entrare”. Per l’insegnante tutte le accuse sarebbero il frutto del malanimo con una collega più giovane e con le bidelle, non certo del clima di terrore in classe descritto da alcuni testi d’accusa: “Sono stata pugnalata alle spalle, ma nel corso degli anni ho ricevuto tante manifestazioni di affetto dai bambini: disegni e fiori ogni giorno. Anche dopo la denuncia, quando non riuscivo nemmeno a leggere i commenti che mi indirizzavano su Facebook e sono finita in depressione, ho avuto solidarietà da colleghe e bidelle conosciute in passato. Quella scuola? Se potessi, ci tornerei”.
Il prossimo 8 luglio il giudice si esprimerà sull’audizione dei minori coinvolti.
a.c.
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