Precipitò perché aveva agganciato male un cavo: la Procura chiede la condanna del suo responsabile
L’incidente avvenne su un cantiere alla Huvepharma di Garessio. La vittima, un 30enne di Bagnasco, ha riportato lesioni permanenti cadendo da sette metriIl responsabile della sicurezza di un’azienda di Montezemolo, A.N., è chiamato a rispondere dell’infortunio che nell’aprile di quattro anni fa provocò gravi lesioni a uno dei dipendenti.
Il carpentiere-saldatore, un 30enne di Bagnasco, si era fratturato il femore, il bacino e alcune vertebre cadendo da un’altezza di sette metri mentre stava sistemando una lamiera. In quel momento era impegnato presso un cantiere che la ditta per cui lavorava aveva allestito a Garessio, nello stabilimento della Huvepharma (ex Sanofi). L’incidente era avvenuto nonostante il lavoratore indossasse l’imbracatura. In aula, tuttavia, è emersa una dinamica differente dalla testimonianza dello stesso infortunato: “Raccogliendo un cacciavite sono salito senza volerlo su una lamiera che si è rovesciata e sono arrivato al suolo nonostante indossassi il dispositivo anticaduta. Al corso per la sicurezza mi avevano detto di agganciarlo all’arrotolatore e non al cordino, ma ero abituato a fare così per comodità”.
Sarebbe stato lui quindi a disattendere le direttive che il suo caposquadra, sentito anch’egli come testimone, ha confermato di aver sempre fatto rispettare. A.N., il responsabile della sicurezza ora imputato per lesioni personali colpose, non era presente nel cantiere al momento dell’incidente. Nei suoi confronti il sostituto procuratore Attilio Offman ha comunque chiesto una condanna, pur limitata a una multa di 800 euro: “La contestazione mossa all’imputato è incentrata su un’omissione, consistita nel non aver messo a disposizione adeguati dispositivi anticaduta. Sebbene lui fosse responsabile del cantiere, la scelta dell’attrezzatura è stata rimessa alle maestranze: utilizzando un ponteggio si sarebbe potuto evitare l’infortunio”. In riferimento al comportamento del lavoratore, il rappresentante dell’accusa ha sostenuto che la sua condotta si deve ritenere imprudente ma non imprevedibile: “Ha compiuto quella manovra perché per lui era più comodo”.
Un argomento respinto con forza dalle difese, con gli avvocati Morielli e Brignone: “L’infortunato aveva ricevuto un’adeguata formazione ma il suo comportamento è stato del tutto illogico. La Cassazione ha chiarito a questo riguardo che la maggior comodità del lavoratore non è un argomento sufficiente: sebbene A.N. avesse nei suoi confronti una posizione di garanzia, la manomissione va al di là dei rischi che poteva prevedere”. Dopo l’infortunio, il carpentiere ha affrontato una prognosi di sette mesi ed è stato risarcito dall’azienda, rinunciando a costituirsi parte civile. Ancora adesso, ha raccontato al giudice, deve affrontare le conseguenze di quell’evento che l’hanno lasciato claudicante e con lesioni permanenti al braccio sinistro.
Per il prossimo 5 novembre si attende la sentenza del processo.
a.c.
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