Rissa tra prostitute e trans per il ‘posto’ sulla Fondovalle Tanaro, assolto un ecuadoregno
L’imputato era a processo per rapina e lesioni aggravate: insieme a un complice avrebbe aggredito con uno spray al peperoncino due donne che ‘battevano’ in zonaTutto era cominciato con un intervento dei carabinieri in una notte di fine ottobre del 2014, lungo la Fondovalle Tanaro. Tra Mondovì e Carrù, all’altezza del bivio per la frazione Rifreddo, la pattuglia aveva udito delle urla e notato un gruppetto di persone intente ad azzuffarsi, intervenendo per separarle.
Dalle successive testimonianze era emerso che due transessuali sudamericani avevano aggredito un paio di prostitute di nazionalità rumena e albanese, conosciute come frequentatrici abituali della zona. A seguito di una discussione su chi dovesse avere l’”esclusiva” su quel posto, uno dei due avrebbe spruzzato uno spray urticante in faccia alla rumena dopo averla colpita con un pugno, prendendosela in seguito con la compagna giunta in suo soccorso. La ragione di quel pestaggio sarebbe stata da ricercarsi proprio nella rivalità tra le due donne e i nuovi arrivati: le prostitute avevano perfino domandato ai militari intervenuti di difendere la postazione, ma era stato loro risposto che non si tratta di questioni regolate dalla legge.
A.P.C. e G.E.C., entrambi cittadini ecuadoregni residenti a Genova, erano stati in seguito denunciati per lesioni aggravate e per rapina: la prostituta rumena sosteneva infatti che G.E.C., dopo averla aggredita, le avesse strappato di mano il cellulare, mentre l’altro si impossessava del suo portafoglio. A processo davanti al tribunale di Cuneo è poi rimasto il solo A.P.C., dal momento che il coimputato risulta essere in seguito deceduto. In aula, tuttavia, la presunta vittima ha ritrattato in gran parte le sue precedenti dichiarazioni. La donna ha ammesso di essere stata colpita dal getto dello spray, ma ha negato di essere stata picchiata e derubata del portafoglio e del cellulare.
Per l’unico accusato rimasto il sostituto procuratore Carla Longo ha chiesto la condanna a quattro mesi di reclusione. Il collegio presieduto da Elisabetta Meinardi ha invece ritenuto insufficienti le prove addotte, assolvendo l’ecuadoregno per insussistenza dei fatti.
a.c.
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