Rubò due milioni dai libretti della Coop di Mondovicino: “Sono una ladra, devo andare in galera”
Ex dipendente del Prestito Sociale, la donna è stata condannata a nove anni. Per lei nessuna attenuante: “Non ha nemmeno restituito le chiavi della cassaforte”Più di due milioni di euro, “prelevati” nell’arco di cinque anni dalle casse del Prestito Sociale Coop tra Mondovì e Cairo Montenotte, nel Savonese. La clamorosa somma, sottratta dai libretti di 105 soci risparmiatori, è costata a Marzia Cidale la condanna a nove anni di carcere da parte del tribunale di Cuneo.
Carrarese, classe 1972, la Cidale viveva a Sant’Albano Stura all’epoca dei fatti. Prima di allora era stata, per un quindicennio, una dipendente modello. Mai nessuna lamentela dai clienti della Coop di Mondovicino, dove oltre 250 persone avevano sottoscritto l’apertura di libretti di risparmio su cui effettuare prelievi, depositi e bonifici, come alle poste. Il “buco” era venuto alla luce nel settembre del 2020, dopo che una risparmiatrice, effettuando una verifica online, si era accorta di una serie di prelievi mai autorizzati. Era emerso inoltre che il libretto in suo possesso era stato duplicato causa “deterioramento”, circostanza di cui la titolare era all’oscuro. Falsa la firma apposta sulla richiesta di sostituzione, così come la variazione dei dati personali relativa alla casella mail della socia.
Il codice numerico dell’addetto all’ufficio Prestito Sociale, in tutte queste operazioni, era sempre quello della Cidale. Ancor più sospetta la circostanza che la stessa dipendente - tramite un messaggio vocale sul telefono - avesse avvisato la cliente, in agosto, di non recarsi negli uffici, perché lei sarebbe stata in ferie. Lo sportello, tuttavia, non aveva mai cessato di essere operativo. Il modus operandi è stato riscontrato, identico, negli oltre cento casi analoghi. Presso l’ufficio di Mondovicino, la Coop Liguria aveva registrato un numero spropositato di sostituzioni dei libretti nominativi “per deterioramento”. Successive verifiche avrebbero permesso di dimostrare che la dipendente infedele aveva messo in piedi una doppia contabilità: sul libretto cartaceo del socio venivano registrate le somme reali, sul terminale dell’azienda, invece, i prelievi mai autorizzati. L’addetta allo sportello annotava tutto a penna, giustificando la cosa con fantomatici problemi informatici, cosicché i clienti non nutrissero sospetti. In questo modo, quando i soci ai quali era stato sostituito il libretto a loro insaputa versavano denaro in contanti, la Cidale tratteneva per sé il denaro anziché depositarlo nella cassa del Prestito Sociale.
Nella maggior parte dei casi, scrive il giudice Alberto Boetti nelle motivazioni, le firme sui libretti duplicati “differiscono moltissimo dalle firme vere e, talvolta, nei casi in cui siano state effettuate più richieste di duplicazione di un medesimo libretto, anche le stesse firme false differiscono tra loro”. Una frode rudimentale, quindi, che tuttavia si è protratta per un lungo periodo, permettendo alla donna di accumulare la bellezza di due milioni e 364mila euro. Tra i casi più penosi, quello dei genitori di una 46enne di Cairo, morta di malattia nel 2019: anche loro vittime di una duplicazione di libretto mai autorizzata. Una volta scoperta, la sospettata non aveva nemmeno cercato di discolparsi. Anzi era sparita dall’ufficio, inviando a una collega una confessione: “Non prendo servizio perché sono una ladra truffatrice e devo solo andare in galera e basta, vi chiedo umilmente scusa”. Messaggi dello stesso tenore, con richieste di scuse, erano stati inviati ai familiari.
L’ammissione di colpa, però, non è bastata per guadagnare almeno le attenuanti generiche. Il giudice osserva a questo proposito che la donna non ha mai risarcito, nemmeno in parte, la Coop Liguria, che nel frattempo aveva dovuto coprire tutti gli ammanchi sui conti dei soci. Questo nonostante il fatto che, anche dopo il licenziamento, avesse percepito entrate con l’indennità di disoccupazione e poi con nuove occupazioni: “Al contrario, ha fatto sparire tutto il denaro, in modo tale da frustrare qualsiasi possibilità di ristoro”. Sui conti a suo nome, dove erano transitati oltre 250mila euro fino al 2020, al momento del sequestro c’erano solo “somme irrisorie”. In compenso, nelle annotazioni di polizia si parla di numerose spese per l’acquisto di automobili, moto, soggiorni, hotel e polizze, oltre a mutui e accantonamenti. Una vita da nababbi, finanziata anche servendosi del conto di una onlus per bambini affetti da sindrome di Asperger, di cui la “Eva Kant” di Mondovicino era fondatrice e vicepresidente. “Non ha neppure riconsegnato le chiavi della cassaforte, - annota il magistrato in sentenza - così costringendo persino la Coop a rivolgersi ad un fabbro per aprirla e così verificare gli ammanchi”.
Andrea Cascioli
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