Rubò il bancomat dell’amica mentre lei si provava i vestiti: condannata
Il furto avvenne nei camerini di un negozio a Mondovicino. L’imputata, una oss di Mondovì, si era offerta di “fare un regalo” alla collega di lavoroSi era offerta di “fare un regalo” alla collega che le aveva offerto il pranzo, affermando di volerle pagare un capo di abbigliamento per sdebitarsi. L’apparente atto di gentilezza celava però un secondo fine che la vittima del furto avrebbe scoperto dopo essersi accorta che la sua carta Postamat si era volatilizzata.
I fatti per cui è finita a processo G.L., operatrice sociosanitaria ed ex collega della denunciante, risalgono al gennaio di tre anni fa. Quel giorno le due donne si erano trovate per caso a Mondovicino: “Ero con un’amica quando ho incontrato G.L. - ha raccontato in aula la parte offesa - e abbiamo pranzato assieme nell’ipermercato. Poi la mia amica si è allontanata e noi due abbiamo deciso di fare un giro all’Ovs. Lei insisteva dicendo che voleva regalarmi qualcosa: entrando in camerino le ho lasciato la mia borsa e la giacca”.
All’uscita dal negozio l’imputata aveva pagato il regalo promesso e restituito all’amica la borsa e la giacca: “Poi siamo entrate in un altro negozio dove ho provato un paio di pantaloni. Al momento di pagare ho aperto il portafoglio e mi sono accorta che il bancomat non c’era più. Era già successo in precedenza nella struttura sanitaria dove entrambe lavoravamo, ma non avevo denunciato la cosa”. Anche in quell’occasione, pensando a una semplice dimenticanza, la donna non aveva sospettato della sua accompagnatrice. Insieme a lei anzi si era recata in un vicino sportello postale nella speranza di bloccare la carta prima che l’eventuale ladro potesse sottrarre qualche somma: “Dopo aver telefonato agli uffici ho salutato G.L. che mi ha salutato dicendo ‘fammi poi sapere’”.
Solo il giorno dopo la derubata avrebbe scoperto qualcosa di insolito: sul conto risultavano essere stati effettuati due prelievi, per la somma complessiva di 450 euro, proprio presso lo sportello in cui le due si erano recate assieme e negli stessi orari. G.L. quindi avrebbe approfittato di una distrazione della collega per ritirare il denaro: “Quando le ho scritto su Whatsapp ha cercato di sviare il discorso. In seguito l’ho rivista solo una volta, ma dopo le indagini mi ha contattata lei dandomi della pazza e proferendo minacce: non si è mai scusata né ha ammesso nulla”.
Il pubblico ministero Alessandro Borgotallo aveva chiesto per l’imputata - incensurata - una condanna a due anni e due mesi di reclusione, ricordando che “sapeva dove la persona offesa tenesse la carta perché l’aveva vista pagare il pranzo. Anche i fotogrammi acquisiti dalle telecamere dello sportello postale combaciano”. Di parere opposto il difensore della donna, l’avvocato Carmine Maiorana, per il quale “sono state ignorate le tempistiche oltre alla realtà fattuale. Siamo in un’area che dista poche decine di metri da uno sportello, senza videosorveglianza: l’imputata non era l’unica persona che poteva compiere quel prelievo. Sappiamo poi che per prelevare occorre avere un codice, anche supponendo che la G.L. si fosse munita del bancomat rimane uno scoglio insormontabile”.
Il giudice ha ritenuto provata la colpevolezza dell’imputata, condannando a un anno e sei mesi con il beneficio della sospensione condizionale e a 500 euro di multa.
a.c.
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