“Salvini antisemita” non è diffamazione: l’appello conferma la sentenza di Cuneo per De Benedetti
Depositate le motivazioni del verdetto sul caso dell’intervista al Festival della Tv. Il leader leghista dovrà pagare le spese legali dell’ex editore di RepubblicaLa Corte d’Appello di Torino ha depositato le motivazioni della sentenza con cui Carlo De Benedetti è stato assolto dall’accusa di diffamazione nei confronti di Matteo Salvini. La vicenda risale al 2018, durante il Festival della Tv e dei Nuovi Media di Dogliani, quando nel corso di un’intervista a Lilli Gruber l’ex editore di Repubblica aveva espresso pesanti giudizi sul leader leghista.
Salvini era stato definito “xenofobo, antisemita, antieuropeo” e tacciato di essere stato “finanziato da Putin”. Accuse, soprattutto quella di antisemitismo, respinte con forza dal politico: “Non l’accettavo e non l’accetto tuttora, la ritengo un’infamia pesante” aveva detto durante la deposizione in tribunale a Cuneo. Il verdetto dei giudici d’appello conferma l’assoluzione pronunciata in primo grado dal giudice Emanuela Dufour perché il fatto non costituisce reato. La terza sezione penale ha ritenuto “sostanzialmente rispettati” i presupposti per l’esercizio del diritto di critica da parte di De Benedetti, tenuto conto delle spiegazioni che aveva fornito a Gruber.
L’allora 83enne imprenditore, esponente di una famiglia ebraica torinese costretta a riparare dalle persecuzioni razziali in Svizzera, aveva motivato il suo giudizio in questo modo: “Ho trovato dei manifesti a Milano con la mia faccia in cui si diceva che io finanziavo i barconi di immigrati che vengono in Italia, perché poi votano Pd”. I manifesti in questione erano stati affissi nel 2017 su una quindicina di sedi milanesi del Pd da Forza Nuova, formazione neofascista che l’ingegnere avrebbe ritenuto accostabile alla Lega. A sostegno di questa ipotesi, la difesa ha ricordato come Lega e Forza Nuova avessero stretto un accordo elettorale nel comune laziale di Fiumicino appena pochi giorni prima dell’intervista incriminata.
Questa spiegazione è stata ritenuta dai giudici dirimente per escludere una volontà diffamatoria: “La condotta del senatore Salvini - osserva il tribunale - non veniva in alcun modo accostata a crimini di guerra, al nazismo e all’Olocausto, bensì veniva impiegata per esprimere il giudizio personale dell’intervistato”. Altrettanto vale per l’accusa di finanziamenti da parte di Putin, rispetto alla quale De Benedetti precisava subito di riferirsi a “circostanze non accertate”, ma desunte “dalle visite a Mosca operate dalla parte civile, dalla vicinanza della politica estera della Lega a quella di Putin, specificando però che ciò ‘non vuol dire immediatamente essere finanziato’”.
Il tribunale ha inoltre ritenuto “inconferente la produzione documentale della parte civile attestante la vicinanza della stessa allo Stato di Israele, condotta riconducibile al sionismo, di per sé non incompatibile con un atteggiamento antisemita”. Respinta la richiesta di condanna a 800 euro di multa, formulata dalla procura generale, i giudici d’appello hanno posto in capo alla parte civile le spese processuali.
Andrea Cascioli
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