Un gin lemon a un quattordicenne inguaia il gestore di una discoteca
Sotto accusa il titolare del “Le Fonti” di Garessio: “Bisognava avere un segno all’entrata, ma al bar non mi è stato chiesto” ha detto l’adolescenteHa deposto anche il giovanissimo cliente al centro della contesa giudiziaria, nel processo che vede imputato il gestore della discoteca “Le Fonti” di Garessio. Galeotto fu un gin lemon servito all’adolescente, all’epoca appena quattordicenne, durante una serata estiva nel locale.
Un “blitz” di carabinieri e finanzieri, nel giugno 2022, aveva portato alla revoca della licenza e alla temporanea chiusura. Ora G.A., il titolare, deve difendersi dalle accuse in sede penale. All’imputato si contesta anche il presunto superamento dei limiti di capienza della struttura. Tramite una app su telefonino i finanzieri avevano accertato 400 ingressi già prima dell’una, cento in più rispetto alla capienza dichiarata. Dalle verifiche risultavano inoltre 261 biglietti venduti e 400 prevendite.
All’interno del “Le Fonti”, una pattuglia di carabinieri in borghese aveva “adocchiato” e poi fermato il 14enne: “Ero in compagnia di amici, alcuni più grandi di me” ha spiegato in aula il testimone. Nessuno nel gruppo, a quanto pare, era maggiorenne: il biglietto era stato acquistato in prevendita e prevedeva una consumazione gratuita. Nella confusione, dice il ragazzo, la barista non aveva fatto caso a chi le stesse chiedendo il cocktail alcolico: “In teoria bisognava avere un segno all’entrata, ma non mi è stato chiesto al bar” conferma oggi.
Entrambe le bariste, tuttavia, affermano che la direzione aveva dato precise indicazioni di non servire alcol ai minorenni. “Ai maggiorenni veniva dato all’ingresso un braccialetto, ai minorenni invece veniva fatto un timbro: anche i biglietti erano di colore diverso” ha spiegato una di loro, aggiungendo: “Mi è capitato di servire persone che portavano più bigliettini: ho sempre servito maggiorenni, se poi qualcuno desse i bicchieri ai minorenni non posso saperlo”. Anche la collega ricorda che “era stato indicato su un cartello di non servire da bere ai minorenni e controllare che avessero il simbolo sulla mano”. Questo timbro testimoniava l’avvenuto controllo da parte dei buttafuori all’ingresso. La barista aggiunge di non aver mai maneggiato soldi in quella serata - se ne occupava un cassiere - e di non aver notato l’adolescente poi identificato.
Il 9 settembre si attende la discussione del caso.
Andrea Cascioli

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