Violentò fratelli e sorelle, la Cassazione conferma la condanna
Il giovane sta scontando la pena a Cuneo. Per i genitori, una coppia rumena residente nel Monregalese, l’accusa è di aver coperto gli orrori che avvenivano in casaNessuno spiraglio per una possibile revisione del processo a carico del giovane condannato dalla Corte d’Appello di Torino, nell’ottobre scorso, per una serie di violenze sessuali ai danni di fratelli e sorelle minori.
La Cassazione ha respinto il ricorso presentato dalla difesa del 26enne, ora in carcere a Cuneo dove sta scontando una condanna a otto anni di reclusione. A suo carico c’erano anche accuse di maltrattamenti e possesso di pornografia minorile. È stata quest’ultima imputazione a determinare la competenza in capo alla sede distrettuale di Torino, dove si è celebrato anche il processo in abbreviato contro la madre del ragazzo: tre anni e otto mesi, per lei, che si è vista riconoscere le attenuanti generiche. Contro il padre si procederà invece a Cuneo per maltrattamenti e omissione.
Le violenze, consumate nell’arco di un quindicennio, sono nate in un contesto familiare travagliato. La famiglia di origini rumene, residente in un paese della campagna di Langa monregalese, era già seguita dai servizi sociali: i genitori, oggi cinquantenni, hanno avuto nove figli, alcuni in Italia con loro, altri - i più grandi - rimasti in patria. Vengono descritti come una coppia religiosissima, fino al fanatismo. L’autore degli abusi ha ammesso tutto e ha raccontato anche molto altro: le estenuanti sedute di preghiera a cui il padre li costringeva, le botte con il cavo della televisione, il divieto di giocare a carte. Dai racconti dei figli minorenni agli assistenti sociali sono scaturiti i sospetti più tremendi.
“Nessuno di noi ha bisogno di sapere durante l'infanzia che il sesso è come una droga, ma molto più potente” ha scritto l’accusato in una lettera, indirizzata a fratelli e sorelle ai quali chiedeva perdono. In un’occasione, ha raccontato, il padre lo avrebbe sorpreso in un atto sessuale che coinvolgeva uno dei fratelli e un vicino. I genitori però non avevano fatto nulla per mettere fine a questo orrore, sostiene l’accusa: “Non c’è stata denuncia da parte di nessuno dei familiari, ma è emerso un grosso disagio di questi ragazzi” aveva spiegato dopo la condanna l’avvocato Michela Giraudo, che ha rappresentato come parte civile le tre vittime accertate. Una di queste, nel frattempo, ha raggiunto la maggiore età.
In Cassazione l’avvocato Massimo Rosso ha rappresentato la parte civile, ma per le vittime non ci sarà un seguito processuale: la loro scelta, infatti, è stata quella di non costituirsi contro i genitori, per risparmiarsi altro dolore. “Picchiatemi fino a quando il vostro odio si spegnerà, perché gli anni di prigione mi spaventano” scrive dal carcere il condannato, dicendosi pentito di aver violato l’infanzia dei fratelli.
Redazione

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