Droga e pistole sul telefonino, i carabinieri: “Lo abbiamo riconosciuto dal tatuaggio”
Un giovane albanese, all’epoca residente nel Saluzzese, è finito nei guai dopo l’arresto del fratello e la perquisizione. La difesa sostiene: “Erano armi finte”A inguaiare R.F., un giovane di origini albanesi residente fino a poco tempo fa nel Saluzzese, sono state una serie di immagini su un telefonino sequestrato. Si vedeva un individuo ritratto di spalle nell’abitacolo di una Mercedes, con una pistola in pugno. In altre aveva il passamontagna e le armi, ma anche in quel caso i carabinieri ritengono di avere un elemento inequivocabile per accusarlo: un tatuaggio sulla mano destra, con l’aquila albanese, una corona e un rosario. Lo si nota in maniera chiara anche nella foto in cui compaiono un bilancino e un mucchietto di polvere bianca sopra a un tavolino, spiega il luogotenente Giancarlo Usai del NORM di Saluzzo, che eseguì le indagini a suo carico.
I militari si erano messi sulle tracce del giovane dopo l’arresto del fratello per detenzione di stupefacenti, nel giugno di due anni fa. In uno dei vari telefonini sequestrati, intestato a un immigrato africano ma in uso ai due fratelli, erano spuntate diverse foto di questo genere. Le armi, tuttavia, non sono mai state ritrovate e la difesa sostiene che si tratti di semplici scacciacani. Il luogotenente non è dello stesso parere: “Il metallo ha fattezze diverse da quello delle pistole finte. Inoltre è presente un video con audio, dove si vede un soggetto scarrellare e abbattere il cane premendo sul grilletto. Il suono è diverso da quello delle armi giocattolo”.
In totale sono tre le pistole che gli inquirenti ritengono di aver identificato: una Colt M1911 Black Army, un revolver Smith & Wesson e una Ruger 22/45 MK III. Da alcuni arredi intravisti nelle foto, in particolare una tendina e un tappeto, si è risaliti anche alle abitazioni dei sospettati. Si tratterebbe dell’alloggio in cui il fratello di R.F. risiedeva a Manta e di un appartamento a Verzuolo, di proprietà del cognato dell’imputato, ma che si ritiene essere stato abitato da quest’ultimo: “Abbiamo trovato una lettera manoscritta di R.F. dove si impegna a lasciare libera l’abitazione, a dimostrazione del fatto che si trovava lì già da tempo” ha spiegato il testimone.
L’ulteriore imputazione di spaccio deriva dagli accertamenti a carico di alcune persone, le cui utenze telefoniche avevano contatti frequenti con i cellulari degli indagati. Quattro di loro hanno già deposto in aula, confermando di aver acquistato cocaina e marijuana da R.F. a Saluzzo: “Ci sentivamo via Whatsapp, per accordarci gli scrivevo ‘ci sei per un caffè?’ o messaggi simili” ha raccontato un acquirente. Nel corso delle indagini, tuttavia, non sono stati documentati passaggi di droga e denaro.
Il giudice ha fissato la data del 17 luglio per il completamento dell’istruttoria, l’esame dell’imputato e la discussione del caso.
a.c.
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