I carabinieri lo accusarono di procurato allarme dopo una denuncia: assolto un saluzzese
Il 35enne aveva chiamato il 112 dopo alcuni screzi con gli immigrati dell’ex Cogibit: ‘Duecento africani mi stanno picchiando’. Ma i militari non gli avevano credutoAveva denunciato un’aggressione da parte di una folla inferocita di immigrati, ma all’arrivo dei carabinieri non aveva addosso segni di percosse né vestiti strappati o altri indizi di colluttazione. Per questo i militari lo avevano accusato di procurato allarme, aggiungendo le imputazioni di resistenza a pubblico ufficiale e rifiuto di fornire indicazioni sulla propria identità.
Protagonista della vicenda, risalente alla sera del 24 luglio 2018, è il saluzzese G.D.C., oggi 35enne. L’uomo, gravato da una precedente condanna per truffa e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e non coinvolto in attività politiche, era già stato segnalato più volte nei pressi dello stabile ex Cogibit di via Lattanzi, all’epoca occupato da decine di braccianti e poi sgombrato nel dicembre successivo.
Anche quella sera l’imputato si era recato in zona insieme a due amici, un 32enne italiano e un 36enne di origini brasiliane. Quest’ultimo ha riferito di essere andato lì proprio per documentare con le immagini lo stato di degrado dell’area: “Ho scattato una foto poiché me l’aveva chiesto tempo prima un conoscente di Forza Italia. Gli africani si sono arrabbiati e hanno dato del razzista anche a me, che sono di colore, gridandomi ‘amico di Salvini’. Alcuni hanno scavalcato la recinzione e ci hanno rincorso”. A chiamare il 112 in seguito aveva provveduto lo stesso G.D.C., affermando che “duecento africani” usciti dall’edificio lo stavano picchiando. Dopo gli accertamenti sul posto, però, i carabinieri avevano denunciato solo l’autore della chiamata anche per aver rifiutato di adempiere alla richiesta di identificazione.
Unico testimone esterno di quei fatti è una guardia giurata che si trovava a passare in auto per via Lattanzi ed era stato fermato dagli occupanti dell’ex Cogibit: “Si sono messi in mezzo alla strada e mi hanno chiesto di allertare le forze dell’ordine perché due persone li stavano fotografando e insultando. Erano agitati ma non aggressivi. Poco dopo mi si è avvicinato G.D.C. dicendomi ‘stammi vicino perché mi vogliono ammazzare’ e io sono rimasto fino all’arrivo dei carabinieri”.
Il pubblico ministero Gianluigi Datta ha chiesto per G.D.C. la condanna a tre mesi di arresto per procurato allarme e per il rifiuto di fornire i documenti ai carabinieri, escludendo l’ipotesi della resistenza a pubblico ufficiale. L’avvocato Antonio Vetrone, difensore dell’imputato, ha rilevato come la chiamata al 112 fosse comunque motivata da un timore reale, che il 35enne aveva espresso anche al metronotte.
Il giudice Marco Toscano, al termine della camera di consiglio, ha assolto G.D.C. dalle imputazioni di procurato allarme e resistenza a pubblico ufficiale perché il fatto non sussiste. L’imputato è stato condannato per il solo rifiuto di identificarsi a una pena pecuniaria di 150 euro.
a.c.
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