In due a processo per truffa. L’accusa: “Antifurti installati a prezzi esorbitanti”
Secondo la Procura i due ex incaricati di una ditta di Cardè avrebbero raggirato alcuni anziani clienti. Una di loro pagò 80mila euro in contanti: “Somme non dovute”Ad accorgersi che qualcosa non andava è stata la nipote di un anziano, ormai defunto, residente a Magliano Alpi. Un giro di assegni e versamenti per oltre diecimila euro, nell’arco di poco più di un anno. Troppi, secondo la donna, per un semplice antifurto domestico. Tanto più che, si sarebbe poi appurato, il contratto firmato dall’acquirente prevedeva già cinque anni di assistenza gratuita.
“A insospettirmi è stato anche il fatto che in uno degli assegni la causale riportasse ‘aggiornamento ardware’, scritto senza la h. Difficile pensare a un errore del genere da parte di un’azienda del settore” ha raccontato al giudice la prima querelante. A suo dire, “l’impianto di antifurto in casa di mio zio non giustificava assolutamente tutti questi esborsi”.
Da questa denuncia sono partiti gli accertamenti a carico di D.B., classe 1972, originario di Torino e residente a Racconigi, e G.P., classe 1973, anche lui di origini torinesi, con residenza a Cardè. Entrambi svolgevano incarichi come procacciatori d’affari per conto della PSP Security di Cardè, oggi messa in liquidazione. A D.B. in particolare erano intestati diversi assegni siglati dal maglianese, il quale, sostiene il sovrintendente Lucio Simon della Squadra Mobile della Questura, “continuava a pagare somme non dovute con la scusa delle manutenzioni all’impianto”. Dalla perquisizione a suo carico erano emerse copie di fatture ritenute “poco attendibili” dagli agenti e riconducibili ad altri due anziani, acquirenti della PSP: un signore di Borgo San Dalmazzo e una signora di Caraglio, oggi trasferitasi in una Rsa. La donna aveva portato copie manoscritte di fatture per complessivi 80mila euro, l’uomo afferma invece di aver pagato circa 4.500 euro: “La numerazione delle fatture non corrispondeva a quelle nell’archivio della PSP, quindi erano false. L’intestazione però era identica” ha spiegato il sovrintendente Simon.
L’82enne borgarino, sentito come testimone, ha confermato di aver conosciuto entrambi gli imputati: D.B. si sarebbe recato ad eseguire riparazioni a casa sua in quattro diverse occasioni, a suo dire per conto della ditta, venendo pagato in nero. Di cosa si trattava? “Una volta ha cambiato la sirena, poi ha sostituito tutti i sensori delle porte esterne. Diceva che non funzionavano più”. G.P. lo avrebbe accompagnato: “Mi portava in banca per i prelievi e poi mi riportava a casa” ha precisato la persona offesa. Sarebbe stato quest’ultimo, inoltre, a proporre un “accomodamento” quando l’acquirente aveva rifiutato di saldare un conto da quasi 1900 euro: “Mi propose di pagarne la metà. Io rifiutai e mi feci fare una fattura, il mio avvocato mi ha detto che era falsa”.
L’imputato ha fornito la sua versione, sostenendo che “dietro a tutte le fatture c’è sempre stato un servizio o una prestazione d’opera”: “Da oltre vent’anni ho fatto solo vendita diretta di sistemi di antifurto e videosorveglianza in case private” ha specificato. Quanto all’altro accusato D.B., l’ex incaricato della PSP ha spiegato che costui “era anche rappresentante della Folletto Vorwerk e ha venduto un’aspirapolvere, una poltrona reclinabile e altri beni” al cliente di Magliano Alpi. L’ex titolare dell’azienda di antifurti di Cardè, dal canto suo, ha confermato i rapporti d’affari con entrambi gli imputati, ma ha precisato che ad occuparsi dell’assistenza tecnica era un’altra persona: “Mai ricevuto lamentele” ha aggiunto.
L’istruttoria a carico dei due, accusati in concorso di truffa, proseguirà il 6 ottobre con l’audizione dell’ultimo teste e la discussione.
a.c.
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