La Procura lo accusò di essere un falso invalido totale, il giudice lo assolve
I carabinieri l’avevano filmato mentre guidava e svolgeva attività di volontariato senza stampelle. La difesa: ‘Non c’era volontà di truffare, l’errore fu dei medici’Nel periodo in cui, secondo l’Inps di Saluzzo, era stato giudicato inabile al lavoro ‘al 100%’, i carabinieri lo avevano filmato mentre prelevava soldi dal bancomat senza nemmeno appoggiarsi al bastone, guidava la sua auto priva di supporti per portatori di handicap e camminava per strada a basso sicuro.
Nulla di tutto ciò, tuttavia, è stato ritenuto sufficiente a configurare la truffa ai danni dello Stato: per questo al termine del procedimento contro I.G. il giudice Emanuela Dufour ha assolto con formula piena l’imputato, ex imprenditore residente in un comune del Saluzzese, a carico del quale era stata chiesta la condanna a sedici mesi di reclusione. L’indagine era partita da una segnalazione dell’ente previdenziale risalente al febbraio 2017: durante la visita di controllo, la commissione medica aveva segnalato “elementi incoerenti con la sua asserita incapacità di deambulare”.
Nei due anni compresi tra il riconoscimento dell’invalidità totale e la sospensione delle erogazioni, l’uomo aveva percepito emolumenti per oltre 21mila euro. In maniera indebita, secondo la Procura, che aveva disposto accertamenti a suo carico facendolo pedinare in almeno cinque occasioni nella primavera del 2017. Già l’anno prima, ha ricordato nella sua requisitoria il sostituto procuratore Chiara Canepa, le condizioni di salute di I.G. sarebbero state incompatibili con quanto dichiarato: l’imputato infatti aveva frequentato un corso da soccorritore, ottenendo il brevetto dopo una prova pratica, e partecipato a riunioni ed eventi pubblici come volontario dell’Associazione Nazionale Carabinieri. Un’immagine sul suo profilo Facebook lo ritraeva in questa veste, mentre assisteva alla sfilata dei carri di Carnevale a Saluzzo.
Altro pesante indizio a suo carico, a detta del pubblico ministero, è il fatto che in quel periodo l’uomo avesse continuato a guidare un’automobile priva di supporti: “Un conto è che questi non fossero stati acquistati perché l’imputato non se lo poteva permettere, un altro è che non fossero nemmeno stati prescritti”. Anche indossando un tutore al ginocchio, del resto, “gli sarebbe stato impossibile salire scale ripide o camminare con una relativa scioltezza, come invece è stato visto fare”.
Di un autentico “calvario”, tuttora in corso, ha parlato per contro l’avvocato difensore Luca Martino: la malattia di I.G., una grave lombosciatalgia insorta nella primavera del 2013, l’aveva portato già pochi mesi dopo al ricovero e a interventi chirurgici mai rivelatisi risolutivi. Solo su indicazione del suo medico curante il paziente si era in seguito presentato alla visita per l’invalidità. Particolare decisivo nel testimoniare la buona fede sua e della dottoressa che l’aveva in cura, a detta del difensore, è il fatto che allora fosse attestata “la difficoltà” ma non “l’impossibilità” a deambulare: “La commissione medica di Saluzzo avrebbe potuto negare il riconoscimento dell’invalidità civile al 100%, ma in quel contesto forse in modo generoso ha agito in modo diverso, salvo rivedere la valutazione al ribasso due anni dopo”. All’eventuale errore dei medici, tuttavia, non avrebbe concorso in nessun modo l’imputato, vittima di “una malattia grave, cronica, invalidante e definitiva, con una sintomatologia dolorosa anche se altalenante”.
“C’erano settimane intere in cui non si poteva alzare dal letto: la sua condizione di vita è migliorata da allora solo perché si è messo in gioco e ha trovato soluzioni per convivere con la malattia, anche dandosi a un’attività di volontariato nei rari momenti in cui la patologia glielo consentiva” ha concluso il legale.
a.c.
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