La quattordicenne Alessandra morì travolta da un’auto a Cardè, l’investitore è a processo
La tragedia sotto gli occhi della madre, mentre la giovane attraversava la strada. Sulla velocità del veicolo è guerra tra periti: per la Procura era sopra i 70 km/hÈ uno scontro tra periti quello in corso al tribunale di Cuneo nel processo che vede imputato L.A., il giovane saluzzese (classe 1997) accusato per la morte della quattordicenne Alessandra Piscioneri a Cardè.
La tragedia avvenne il 30 ottobre di tre anni fa, mentre la ragazzina si accingeva a tornare a casa da scuola. Era appena scesa dal pullman in corso Vittorio Emanuele II, la via principale del paese. Dall’altro lato della strada la aspettava la mamma, Maria, testimone impotente dell’investimento da parte di una Volvo V40. Alessandra aveva da poco cominciato le superiori, iscritta al corso di ristorazione del Cnos Fap a Savigliano. Sua sorella Anastasia, più grande di due anni, frequentava la stessa scuola. Il papà Luciano si era trasferito con la famiglia da Roccella Jonica, in provincia di Reggio Calabria, trovando lavoro come autista della Bus Company.
È toccato alla mamma della vittima l’ingrato compito di testimoniare davanti al giudice nel corso dell’ultima udienza del processo. Difficile, anche a distanza di tempo, ripercorrere memorie tanto dolorose. La signora ha detto di ricordare che Alessandra avesse già completato l’attraversamento della carreggiata quando era stata colpita. La questione, però, è oggetto di confronto tra i periti e nemmeno il consulente della Procura, l’ingegner Roberto Storace, ritiene che il punto d’urto sia quello individuato dalla testimone in base alle foto. Di certo c’è che l’impatto tra auto e pedone era stato violentissimo: l’adolescente era stata sollevata nell’urto e sbalzata a dodici metri di distanza da dove si trovava.
Circa la velocità del veicolo, arrivato dalla corsia opposta a quella del pullman, la contesa è più che mai aperta. Il tecnico dell’accusa ipotizza che la Volvo viaggiasse a circa 77 km/h, quindi al di sopra del limite urbano vigente in quel tratto. La stima è basata sul calcolo della decelerazione del mezzo e sull’impatto con il parabrezza, ma è contestata dalla difesa. L’esperto consultato dagli avvocati Chiaffredo Peirone e Dario Ghione ritiene che in base alla distanza post-urto si possa supporre che l’auto viaggiasse a velocità molto ridotta, tra i 32 km/h e i 35 km/h. “La simulazione con un manichino effettuata dalla difesa non consente di evidenziare il punto d’urto in modo corretto” obietta l’ingegner Storace: “Inoltre il consulente afferma che l’autista non abbia frenato subito perché ostacolato dall’airbag, ma l’airbag non è mai partito, dato che aveva la cintura slacciata”. In ogni caso, ha aggiunto il perito, l’investimento sarebbe stato inevitabile anche a una velocità inferiore a quella da lui ipotizzata: “Ci sarebbero state però conseguenze di altro tipo, in questo caso si può ritenere che la velocità prudenziale fosse anche più bassa di 40 chilometri orari”.
Il prossimo 18 marzo è prevista l’audizione dei testimoni di difesa.
a.c.
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