Le pistole sul telefonino? Non bastano per una condanna
L’imputato, un 24enne albanese, è stato condannato per spaccio. Il giudice lo ha invece assolto dalle altre accuse: su un cellulare le sue foto con passamontagna e armiNon basta un riconoscimento fotografico, in assenza del sequestro, per contestare l’accusa di porto abusivo d’arma a un imputato. Lo ha stabilito il giudice del tribunale di Cuneo Giovanni Mocci assolvendo R.F., albanese, classe 1998, da questa contestazione. Per l’altra imputazione, relativa a molteplici cessioni di droga a cittadini saluzzesi, il giovane è stato invece condannato a un anno e quattro mesi.
I carabinieri si erano messi sulle sue tracce dopo l’arresto del fratello per detenzione di stupefacenti, nel giugno di due anni fa. In uno dei vari telefonini sequestrati, intestato a un immigrato africano ma in uso ai due fratelli, erano spuntate diverse foto compromettenti. In alcune si vedeva un individuo ritratto di spalle nell’abitacolo di una Mercedes, con una pistola in pugno. In altre lo stesso soggetto aveva il passamontagna e le armi. Un elemento inequivocabile per accusarlo, secondo i carabinieri, era la presenza di un tatuaggio molto caratteristico sulla mano destra: un’aquila albanese, con una corona e un rosario.
All’individuazione di R.F. si è arrivati anche attraverso alcuni elementi di arredamento, visibili ad esempio nella foto in cui erano ritratti un bilancino e un mucchietto di polvere bianca sopra a un tavolino. Si tratterebbe dell’alloggio in cui il fratello di R.F. risiedeva a Manta e di un appartamento a Verzuolo, di proprietà del cognato dell’imputato, ma che si ritiene essere stato abitato da quest’ultimo. In totale, gli inquirenti avevano identificato tre diverse pistole: una Colt M1911 Black Army, un revolver Smith & Wesson e una Ruger 22/45 MK III. Le armi, tuttavia, non sono mai state ritrovate e la difesa ha sostenuto che si trattasse di semplici scacciacani. Di parere diverso i carabinieri che avevano eseguito le indagini: il luogotenente Giancarlo Usai del NORM di Saluzzo, in particolare, obiettava che il tipo di metallo e il suono delle armi in foto fossero differenti da quelli delle pistole giocattolo.
L’ulteriore imputazione di spaccio deriva invece dagli accertamenti a carico di alcune persone, le cui utenze telefoniche avevano contatti frequenti con i cellulari degli indagati. Quattro di loro hanno deposto in aula, confermando di aver acquistato cocaina e marijuana da R.F. a Saluzzo. L’imputato, dal canto suo, non ha detto nulla in merito alle accuse di spaccio ma ha negato di aver posseduto pistole vere.
“Le pistole nelle fotografie dei cellulari non sono palesemente false” ha affermato, in sede di discussione, il sostituto procuratore Attilio Offman: “In una delle foto si vede che è indicato il nome costruttore: chi realizza un simulacro non può usare la denominazione sociale del produttore delle vere armi. Inoltre, le pistole finte devono avere il tappo rosso ed è attendibile la valutazione del carabiniere in merito al suono”. Di parere opposto l’avvocato Antonio Vetrone, difensore dell’imputato: “Non ci sono certezze riguardo all’autenticità delle pistole. Non si può stabilire se quale sia la qualità del metallo in base a una foto”. L’accusa aveva chiesto per il giovane la condanna a tre anni di carcere. Il giudice ha disposto la sospensione della pena ed erogato anche una sanzione pecuniaria, pari a 2800 euro di multa.
a.c.
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