L’insulto sul muro di casa finisce con un processo. Ma l’accusato non è colpevole
Il giudice è ricorso anche a una perizia grafologica, per stabilire se l’autore dell’ingiuria - la classica “parola con la p” - fosse davvero il muratore denunciatoNon è bastata nemmeno la perizia della grafologa, nominata dal tribunale, per far luce su un curioso caso di imbrattamento denunciato in un piccolo centro del Saluzzese. Inequivocabile la scritta che nel dicembre del 2019 un residente aveva trovato sul muro di casa: l’espressione conteneva la più classica delle offese in piemontese - la “parola con la p”, per capirci - accompagnata dall’aggettivo “fol” (“stupido”).
Come se non bastasse, anche l’auto del malcapitato era stata coperta di scarabocchi in nero. Nessun sospetto, sul momento, riguardo a chi e perché potesse aver scelto un modo così poco commendevole di esternare il proprio disappunto. Solo qualche settimana dopo - nel giorno dell’Epifania, manco a farlo apposta - la vittima avrebbe raggiunto una rivelazione. Tutto grazie alla telefonata ricevuta a casa da uno sconosciuto: un uomo che si qualificava come avvocato di un certo O.C., ben conosciuto dall’interlocutore. Si trattava infatti del muratore che diversi anni prima aveva eseguito alcuni lavori di intonacatura presso l’abitazione della famiglia. Chi aveva risposto aveva impiegato poco a comprendere che il sedicente avvocato era lo stesso O.C.: “Chiedeva quali prove ci fossero contro il suo assistito, ma poi ha cominciato a parlare in prima persona” ha raccontato in aula l’autore della denuncia.
Tra il muratore e il suo cliente in effetti c’era stato un litigio. Il committente lo accusava di aver orinato contro un muro in un’occasione, mentre l’altro si era difeso sostenendo che l’alone sulla parete fosse in realtà prodotto dai vapori di un fornelletto da campo, usato per il pranzo. Sembrava comunque che lo screzio fosse stato archiviato da entrambe le parti, tant’è i due non avevano più avuto contatti. Oltre alla telefonata del presunto “avvocato”, però, sarebbero emerse le registrazioni di alcune videocamere: si vedeva l’auto del sospettato passare di lì, più o meno negli stessi minuti in cui un soggetto (irriconoscibile) vergava la scritta a spray sul muro.
La perizia grafologica richiesta dal tribunale, allo scopo di fugare ogni dubbio, non ha potuto in realtà fornire molti altri riscontri: “Non si può dire sia lui, ma nemmeno escluderlo del tutto viste le compatibilità emerse” ha sentenziato l’esperta del tribunale. Per l’imputato, la Procura aveva chiesto una condanna a cinque mesi di reclusione. Il giudice Anna Gilli ha invece ritenuto di assolverlo per non aver commesso il fatto.
a.c.
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