Lite ai vertici del sindacato fisioterapisti, condannato un professionista saluzzese
L’ex segretario nazionale dello Spif Ar era stato denunciato per diffamazione a seguito di un post su FacebookUtenti di Facebook, attenti: anche un post il cui bersaglio polemico viene ‘nascosto’ con allusioni e riferimenti indiretti può essere diffamatorio. La conferma viene dalla sentenza con cui il giudice Sabrina Nocente ha condannato a 600 euro di multa il dottor G.C., fisioterapista e osteopata attivo nel Saluzzese.
Il procedimento per diffamazione nasceva da un post pubblicato sul più popolare social network nel novembre 2016. Nel suo scritto, il professionista menzionava un non precisato “collega nisseno” definito “vile” e “vergognoso”: i nisseni sono gli abitanti di Caltanissetta e secondo R.F., nativo di San Cataldo e residente proprio a Caltanissetta, quel riferimento indiretto era fin troppo trasparente.
Tanto più perché quella polemica si inseriva in un’annosa battaglia legale per l’avvicendamento al vertice del sindacato professionale dei fisioterapisti Spif Ar, avvenuto nell’ormai lontano 2013. Protagonisti della contesa, che dai congressi di categoria è approdata alle aule di tribunale, sono appunto l’ex segretario e tesoriere nazionale G.C., il querelato, e l’attuale segretario nazionale R.F., suo successore.
La difesa ha sostenuto che il post incriminato fosse un semplice sfogo, giustificato dal fatto che proprio quel giorno il fisioterapista aveva appreso di essere stato assolto dal tribunale di Caltanissetta da un’accusa di minacce formulata sempre su querela di R.F.: “Nel periodo in cui è stato segretario e tesoriere nazionale dello Spif Ar, G.C. era una figura ‘scomoda’ perché ha cercato di adottare un sistema contabile trasparente. Scelta evidentemente non gradita dagli altri dirigenti del sindacato”.
In particolare, l’allora segretario nazionale aveva espresso perplessità sulle modalità di rimborso delle spese e sulla stipula delle polizze assicurative che - afferma la difesa - “coprivano in realtà solo un terzo degli associati”. Da questo sarebbe scaturita l’offensiva legale nei suoi confronti, che ha visto finora, oltre all’assoluzione a Caltanissetta, una denuncia per appropriazione indebita e diffamazione archiviata a Genova e una condanna in primo grado, di nuovo per diffamazione, presso il tribunale di Chieti. Contro quest’ultimo provvedimento G.C. ha presentato appello.
Quale che sia la sostanza delle accuse rivolte ai vertici del sindacato, ha obiettato il pm Raffaele Delpui, “non era quella la sede per tali considerazioni: i processi non si fanno su Facebook”. Il procuratore, chiedendo la condanna a quattro mesi e 400 euro di multa, ha sostenuto che G.C. avesse travalicato i limiti del diritto di critica: “Basta osservare la conversazione sul social, con i commenti di adesione al post, per avere prova documentale di come la stessa fosse stata percepita da più persone”.
La parte civile, allo stesso modo, ha ritenuto che “lungi dal limitarsi a esercitare una critica del sindacato, l’imputato ha trasformato il suo post in un’occasione per attaccare personalmente la reputazione delle persone offese e del sindacato stesso”.
a.c.
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