Lividi sospetti su un’anziana, la figlia maggiore finisce a processo per maltrattamenti
La badante e l’altra figlia avevano notato segni sul corpo della mamma, ottantenne e malata di Alzheimer: “Era terrorizzata e chiedeva cosa avesse fatto per meritarlo”Maltrattamenti ai danni della madre ottuagenaria, convivente con lei e malata di Alzheimer. È la grave accusa formulata dalla Procura di Cuneo nei confronti di una saluzzese, ora a processo.
A mettere sull’avviso gli inquirenti era stata la scoperta di alcuni lividi sospetti sul corpo della donna, da parte della badante, che aveva poi avvisato l’altra figlia. “Aveva un grosso livido sulla tempia e altri sui polsi, l’ho portata subito dal dottore” ricorda quest’ultima, menzionando il fatto che il medico avrebbe detto “che da quanto vedeva non era una caduta”. Questa ricostruzione non collima con quanto dichiarato in una precedente udienza dal medico di famiglia, il quale aveva riferito invece di aver riscontrato ecchimosi che erano “a mio parere conseguenza di una caduta. Mi pare si fosse chinata per dare da bere al cane”.
La signora, già da tempo segnata dalla malattia, non era stata comunque in grado di fornire indicazioni alla badante e alla figlia minore. “Era confusa” ricorda la testimone, sostenendo anche che la mamma apparisse terrorizzata e ripetesse di continuo una frase: “Io non so cosa ho fatto per meritarmi una cosa così”. La circostanza è confermata dalla badante, rimasta al suo fianco per circa un anno. Con l’anziana si era creato un legame affettivo forte, tanto che la persona che l’assisteva l’aveva perfino accolta in casa, dopo quell’episodio: “La signora era sempre agitatissima, aveva paura di essere sgridata” ha sostenuto in aula.
Un atteggiamento che la badante afferma di poter ricondurre al rapporto con la figlia maggiore, con la quale aveva sempre convissuto dopo essere rimasta vedova: “La figlia la sgridava, diceva frasi come ‘mi fai venire voglia di buttarti dal balcone’ oppure ‘guarda che ti butto in casa di riposo’”. Alla fine in casa di riposo ci sarebbe andata davvero, ma per decisione del giudice tutelare e nonostante la contrarietà della figlia minore: “Per evitarlo mi sono adoperata a cercare di tutto. Non potevo ospitarla, perché avrebbe dovuto fare varie rampe di scale. Avevo trovato un alloggio ammobiliato con ascensore, come soluzione temporanea, e mi è stato negato”.
La testimone ammette di non aver mai saputo di altre presunte violenze, a parte un episodio riferitole dalla badante e che la stessa ha citato: “Un giorno la signora aveva una maglia troppo pesante per la stagione, ho chiesto perché e ho visto che sul braccio c’era un livido che le maniche lunghe coprivano”. I rapporti dell’anziana con l’altra figlia erano meno frequenti, dato che le sorelle non si parlano da anni: “Mia sorella aveva impedito per un anno e mezzo che vedessi mia mamma: se chiamavo staccava il telefono, io non avevo neanche il coraggio di andare a casa. La situazione è mutata quando è arrivata la badante, ci incontravamo però solo all’aperto, oppure in casa quando sapevo che mia sorella non c’era”. Nessun cenno a come andassero le cose con la sorella: “Con me mamma è sempre stata tranquilla e serena”.
Dalle intercettazioni ambientali, effettuate dai carabinieri per un mese prima che l’anziana fosse trasferita in una Rsa, emergerebbe un singolo riscontro dei presunti maltrattamenti: “La figlia in un’occasione viene sentita rivolgersi con toni particolarmente accesi all’anziana” ha spiegato il luogotenente Giancarlo Usai. Con un altro interlocutore non identificato, al telefono, aveva invece parlato del fatto che “tutto è dovuto a una caduta accidentale”.
Il prossimo 13 maggio si attende l’audizione dell’amministratore di sostegno della persona offesa.
Andrea Cascioli
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