L’ombra di un matrimonio combinato dietro alle accuse di maltrattamenti
A processo un cittadino albanese, denunciato dall’ex moglie. Gli amici di lei raccontano: “Era un rapporto forzato dalla famiglia, lei non è mai stata innamorata”C’è anche il sospetto di un matrimonio combinato dietro alle accuse rivolte nei confronti di un cittadino albanese, a processo per maltrattamenti dopo la denuncia della moglie. A parlarne in tribunale è un’amica e connazionale della giovane, appena maggiorenne quando si era sposata in patria: “Ha raccontato che già quando aveva conosciuto suo marito lui aveva alzato le mani. Sulla convivenza a Verzuolo non è scesa troppo nello specifico, ma ha detto che non era libera di fare ciò che voleva, perché temeva le conseguenze”.
Confidenze che la ragazza le avrebbe fatto solo dopo parecchio tempo: “Lei si confidava, ma non raccontava tutto” dice l’amica, che ricorda anche di averla sentita ammettere di essere stata picchiata dal marito, “due o tre volte”. “Ho saputo - aggiunge - che era un rapporto forzato dalla famiglia e che lei non era mai stata innamorata di lui, ma lui decideva su tutto: a volte piangeva, si sfogava”.
In aula è sfilato anche il carabiniere che raccolse la denuncia, il maresciallo capo Emanuele Marilungo: “Ricordo che era molto preoccupata. La prima volta che ci siamo visti mi ha colpito il fatto che la signora avesse difficoltà a raccontarmi le cose. Poi ha iniziato a raccontare, ma era frenata, credo, dal retaggio culturale”.
Di quel “retaggio culturale” si è parlato a più riprese, in riferimento alla natura del suo legame con il marito. “Aveva paura che la sua famiglia la facesse fuori, ne aveva proprio il terrore” assicura l’amica, alla quale la presunta vittima avrebbe parlato anche di rapporti sessuali non consenzienti: “Tante volte l’ha forzata”. La testimone dice di aver saputo che la ragazza era dovuta venire in Italia e aveva fatto i documenti anche per il marito: “Non era felice di questa situazione”. Un sabato sera, nell’estate del 2022, non si era presentata al consueto ritrovo con gli amici. Solo più tardi aveva inviato fotografie e messaggi dal tono concitato, compresa una in cui si vedevano lividi sul suo collo: “Quando ho letto i messaggi - spiega un amico - ho chiamato i carabinieri e ho visto la pattuglia sotto casa loro, ci hanno detto di rimanere in zona”. Anche l’amico dice di essere stato messo al corrente del fatto che “la situazione a casa non era delle migliori”. Tuttavia, aggiunge, “di sicuro non mi aspettavo maltrattamenti”.
Tra i testimoni c’è chi, come una nipote minorenne dell’imputato, nega di aver mai visto tensioni fra i due: “Pensavo fosse una coppia molto felice insieme: erano molto vicini e non litigavano mai, solo un giorno è successo. Mio zio cercava di prenderle il telefono, lei non voleva. Il telefono si è rotto e lei si è arrabbiata”. L’adolescente ha affermato inoltre di aver visto sua zia andare in bagno e “farsi segni sul collo”. Il matrimonio combinato? Nulla di vero, ribatte la cognata: “Si erano conosciuti da soli al matrimonio della sorella di lei, non era un matrimonio combinato”.
Un clima ben diverso da quello descritto dai testimoni di accusa e dalla stessa persona offesa, in incidente probatorio. Lei, dopo l’accaduto, ha lasciato l’abitazione e si è costituita parte civile contro l’ex marito, dal quale nel frattempo ha ottenuto il divorzio.
Andrea Cascioli

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