Mette in vendita un divano e si ritrova “alleggerito” di 1500 euro. Ma non c’è un colpevole
Per la truffa ai danni di un 70enne di Saluzzo l’unico imputato è stato assolto: “Avevo provato a richiamare, mi hanno minacciato di denunciarmi” ha detto la vittimaTutto è cominciato con la vendita di un sofà per soli cinquanta euro, nel maggio dello scorso anno. Il proprietario, un settantenne saluzzese, aveva deciso di disfarsene con un annuncio online per risparmiarsi la fatica di portarlo in discarica.
Invece di guadagnare i previsti cinquanta euro, però, si è ritrovato “alleggerito” di ben 1500 euro da una banda di truffatori rimasti ignoti. A raccontare la vicenda è stato lui stesso, di fronte al giudice: “Mi hanno telefonato dal Veneto dicendosi interessati all’acquisto. Mi hanno chiesto di pagare tramite carta prepagata, dicevano che mi avrebbero fatto una ricarica e invece l’ha fatta io”. La modalità della truffa, sempre più diffusa, sfrutta la scarsa dimestichezza di un buon numero di persone (non solo anziani) con i pagamenti tramite bancomat automatici. Il saluzzese, seguendo le istruzioni del presunto compratore al telefono, non si era accorto di avere effettuato in realtà un versamento.
Nel corso della trattativa, ha riferito, aveva parlato con due diverse donne che dicevano di chiamarsi Federica e Caterina. Quando si è accorto dell’errore ha provato a richiamare uno dei due numeri ma si è sentito rispondere da una ragazzina adolescente: “Subito dopo una voce adulta mi ha minacciato, dicendo che mi avrebbe denunciato se avessi richiamato sul telefono di sua figlia”. Inutile anche il tentativo che aveva subito effettuato per cercare di bloccare il pagamento in banca.
Il vicebrigadiere Emanuele Altare dei carabinieri di Costigliole Saluzzo ha raccolto la denuncia e ha effettuato gli accertamenti con i colleghi. Le utenze telefoniche erano risultate intestate a cittadini stranieri, mentre a ritrovarsi denunciato per truffa è stato l’intestatario della carta prepagata, S.A.M.: sulla carta, però, non erano stati svolti controlli ulteriori.
Proprio la mancanza di questo passaggio ha convinto il pubblico ministero a lasciar cadere le accuse, dal momento che non c’erano stati accertamenti sui movimenti di denaro: “In mancanza di questi elementi non abbiamo prova che sia stato proprio lui ad aprire il conto e a incassare quei soldi” ha spiegato il rappresentante dell’accusa. Alle conclusioni si è associata la difesa.
Il giudice ha quindi assolto l’imputato per insufficienza di prove.
a.c.
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