Nel suo capannone due pitoni acquistati illegalmente: “Non ne sapevo nulla”
Il giudice ha assolto il 26enne di Paesana. I rettili gli erano stati venduti da altre persone con una documentazione apparentemente in regolaA processo per il possesso illegale di due esemplari di pitone. È accaduto a S.B., 26enne di Paesana, dopo la denuncia formulata a suo carico dai Carabinieri Forestali di Barge.
Tutto nasceva da un controllo eseguito nell’ottobre di due anni fa, presso il capannone dove il giovane deteneva furetti, scoiattoli, conigli e maialini, oltre a undici rettili (pitoni, boa constrictor e tre iguana) che erano stati sequestrati per verificarne la regolare acquisizione. Per due di questi, un pitone moluro e un pitone reale, erano state evidenziate irregolarità: “Non risultavano negli archivi CITES, dunque il proprietario non aveva la documentazione necessaria” ha spiegato il maresciallo Marianna Frateschi dei Forestali. La legge impone a chi detiene determinati animali esotici di conservare una certificazione riconosciuta, a livello internazionale, dalla convenzione sul commercio delle specie a rischio di estinzione.
“Tramite una segnalazione di una fonte confidenziale - ha aggiunto il maresciallo - eravamo venuti a sapere che S.B. commerciava animali CITES in maniera illecita. Lo si vedeva collaborare con molti negozi di animali e sulle sue pagine Facebook e Instagram erano poste in evidenza foto di serpenti, rettili e iguana”. Il giovane era anche ritratto in una delle foto, un fatto che aveva permesso di ricondurre a lui l’intera attività di vendita. Dai tabulati telefonici, inoltre, risultavano contatti con vari negozi di animali esotici a Torino, alcuni dei quali con precedenti specifici per illeciti riguardanti l’importazione e il commercio di specie protette.
L’imputato ha spiegato al giudice di aver acquistato i due esemplari da altrettanti venditori di sua fiducia, con i quali aveva già stipulato accordi in precedenza: “Il pitone moluro aveva il corretto modulo di cessione CITES che riportava tutti i dati e le specifiche dell’animale. Anche il pitone reale ne era provvisto, avevamo tenuto addirittura i dati del precedente proprietario”. A seguito delle contestazioni, il paesanese aveva cercato di mettersi in contatto con chi gli aveva ceduto i due serpenti, senza però riuscirci.
Per il pubblico ministero Raffaele Delpui “S.B. dimostra piena consapevolezza degli obblighi documentali connessi a questo tipo di allevamento”: a suo carico era stata quindi chiesta una condanna a 30mila euro di ammenda, anche in considerazione del fatto che non risultava a suo carico un’autorizzazione all’attività di allevamento e commercializzazione delle specie protette. L’avvocato Fabrizio Fregni, difensore dell’imputato, ha osservato per contro che “la detenzione dei due pitoni, gli unici due oggetto di contestazione a fronte di un’indagine minuziosissima, è avvenuta in perfetta buona fede”. L’accusato non avrebbe potuto accorgersi in nessun modo del fatto che i documenti in suo possesso fossero irregolari, secondo la difesa: “Non c’è ricettazione o incauto acquisto, perché nessuna norma obbliga l’acquirente a eseguire controlli presso i nuclei CITES sull’effettività dei numeri di protocollo”.
All’esito dell’istruttoria, il giudice Sandro Cavallo ha assolto il 26enne per carenza dell’elemento soggettivo.
a.c.
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