Sei anni di carcere al “fidanzato virtuale”: costrinse una ragazza a pagare centinaia di euro
La denuncia di una giovane, appena maggiorenne, è all’origine del processo: “Mi faceva sentire importante” ha detto parlando del suo amore in chatUn’“estorsione sentimentale” costata centinaia di euro, anche di più considerando le ricariche che lei, una ragazza appena maggiorenne, aveva versato già prima al suo fantomatico innamorato. Prima delle minacce, prima dei ricatti: messaggi vocali in cui lui diceva che sarebbe venuto a casa sua e le avrebbe “tagliato la gola”.
Lei lo chiamava Joe, lo aveva conosciuto su una chat di Whatsapp dedicata ai fan di una serie tv. “Era un periodo in cui stavo cercando di fare amicizie” ha confidato in tribunale la giovane, residente con la famiglia in un piccolo centro del Saluzzese. Nessuna remora a confessare, oggi, la sua timidezza e le difficoltà ad allacciare rapporti con i coetanei: problemi comuni a molti adolescenti della sua età. I primi messaggi da Joe li aveva ricevuti qualche giorno prima di compiere diciott’anni: “Mi faceva sentire importante”. G.C., queste le iniziali del vero “Joe”, residente a Riposto in provincia di Catania, le aveva raccontato di essersi innamorato. Lei, diceva, gli ricordava la ragazza che avrebbe voluto sposare, morta in un incidente stradale dopo un lungo fidanzamento. Le aveva detto anche di avere un sogno nel cassetto, quello di andare a Roma per tentare una carriera musicale: ma i genitori glielo impedivano. Perciò gli servivano soldi.
I soldi lei glieli aveva dati, dapprima per qualche ricarica telefonica di “emergenza”. Poi le richieste si erano fatte insistenti: lei diceva di sentirsi “obbligata”, lui sfruttava i suoi sensi di colpa. I tentativi di smettere, raccontando di aver fatto un pagamento anche se non era vero, non erano serviti: “Lui si sentiva preso in giro. Iniziava a minacciarmi e insultarmi in modo pesante”. Altre volte, più dolce, Joe le confidava che avrebbe voluto scappare con lei in un nido d’amore tutto loro, nella sua Sicilia: “Dissi di no perché non sono capace di mentire ai miei genitori, sarei stata scoperta subito”. L’affitto della casa, beninteso, avrebbe dovuto pagarlo la fidanzata.
Il giudice Alberto Boetti ha condannato alla pena di sei anni l’artefice di questa estorsione. L’uomo dovrà pagare duemila euro di multa e altri settemila euro di risarcimento alla giovane che aveva illuso: “Ha versato 450 euro in diverse tranches, alcune di modico importo, altre di importi più importanti per una ragazzina di quell’età” ha ricordato nella requisitoria il pm Lucietta Gai, menzionando solo le somme oggetto di contestazione (il totale, sostiene la persona offesa, si aggira sui duemila euro). “A casa ero molto cupa e cercavo di nascondere le cose ai miei genitori, ma dopo un po’ se ne sono accorti” ha detto la vittima, costituita parte civile e rappresentata in sede di discussione dall’avvocato Gianluca Bottero.
Una vicenda “tanto drammaticamente delicata quanto semplice”, secondo la rappresentante della pubblica accusa. L’avvocato Elena Molineri, difensore dell’imputato, aveva evidenziato carenze nella fase di indagini e nell’istruttoria: “Nessuno ha acquisito i dati della carta per vedere se ci fossero gli accrediti” ha affermato la legale, riferendosi la Postepay in uso alla sorella dell’imputato. Nessuna volontà di approfittarsi di un soggetto debole, secondo la difesa: “È la stessa persona offesa - ha aggiunto - a precisare, su domanda del pm, che lui non sapeva delle sue difficoltà relazionali: glielo aveva poi confidato lei nel corso del rapporto”.
Andrea Cascioli

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