Spari da un furgone in corsa a Manta, dietro al tentato omicidio un movente passionale?
La vittima ha parlato in aula dei suoi rapporti con il presunto sparatore, un 31enne: “Mi fece giurare in chiesa che non avevo una relazione con la sua ragazza”Non era un comune incidente stradale ma un tentato omicidio, quello consumatosi a Manta nel primo mattino del 4 ottobre di due anni fa. I soccorritori se n’erano accorti dopo che la vittima, un muratore albanese di 28 anni, era stata recuperata dalle lamiere della vettura che guidava, uscita dalla carreggiata all’imbocco della SP 203.
“Sono stato soccorso da un signore, io ho detto che mi avevano sparato. Poi mi hanno portato al pronto soccorso” ricorda in proposito il giovane, ascoltato dai giudici in tribunale. Era stato lui stesso a fornire il primo indizio ai carabinieri, poco prima di entrare in sala operatoria: il nome che aveva fatto era quello di Altin Jakini, un 29enne suo connazionale, oggi a processo insieme a un coimputato italiano. L’uomo è accusato di aver sparato da un furgone in corsa, dopo un inseguimento lungo via Stazione, colpendo il 28enne sotto l’ascella. Solo per un miracolo si è evitata la tragedia, ma le conseguenze sono state pesanti: “Per otto mesi non ho lavorato, - racconta l’ex muratore -. Mi sono dovuto licenziare perché non riesco a muovere completamente il braccio sinistro e mi faceva male la schiena. Non ho trovato altro lavoro”.
Il proiettile, spiega, è ancora nel suo corpo, in attesa di un’operazione: “Non ho mai lavorato con Altin, i rapporti erano tranquilli. Lo incontravo al bar dove lavorava la sua fidanzata, mai avuto questioni con lui”. Fino a dieci giorni prima dell’attentato, quando Jakini si sarebbe recato a casa sua per un chiarimento: “Pensava che io avessi una storia con la sua ragazza. Lei mi aveva aiutato con i documenti, la patente, niente di più”. Per convincerlo della sua buona fede, aggiunge l’allora 28enne, si era prestato anche a giurare davanti a Dio di aver detto il vero: “Siamo andati in chiesa a Saluzzo, ero in auto con Altin e altri, tra cui un mio amico. In chiesa ho giurato che non avevo niente a che fare con la sua ragazza. Poi siamo tornati a casa, ci siamo stretti la mano ed è finita lì”.
Il mattino del 4 ottobre, il muratore aveva preso l’auto del suo datore di lavoro per recarsi su un cantiere. Fuori da un bar di Manta, dove aveva fatto colazione, aveva visto passare il furgone di Jakini diretto verso Saluzzo. Poco più tardi, attraversando la strada, l’avrebbe visto ripassare di nuovo: “Ma c’erano le luci della strada, lui era dall’altra parte della carreggiata e non ho visto chi ci fosse dentro l’abitacolo. Il furgone era il suo, io gli ho fatto un cenno di saluto”. Il giovane sostiene di aver visto lo stesso veicolo una terza volta, in via Stazione, da dove il furgone era sbucato accelerando e sorpassando un’altra auto: “Si è messo dietro di me, aveva i fari abbaglianti accesi, poi mentre mi sorpassava ho visto il fuoco del colpo di pistola che ha spaccato il vetro”.
Il prossimo 12 marzo il collegio ascolterà altri testimoni.
Andrea Cascioli
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