Troppa disciplina con i figli e schiaffi alla moglie: “Ma erano tutti drogati di social”
Per l’imputato il pm chiede due anni. La difesa punta il dito sulle carenze educative dei ragazzi e lo squallore abitativo: “In un armadio di casa trovò un cane morto”Quale fosse il problema di fondo tra marito e moglie, ma anche tra genitori e figli, lo spiega in una frase il legale dell’uomo: “Lui è un soggetto ‘squadrato’, con un’idea tutta sua della disciplina, dove l’attività fisica è vista anche come strumento educativo. Dall’altra abbiamo una persona che non pone neanche regole minime”.
Certo non aiutava il fatto che lui, a causa del suo lavoro, dovesse assentarsi per lunghi periodi. E nemmeno l’isolamento della casa familiare, un’abitazione autonoma in un comune del Saluzzese. Oggi il presunto “padre padrone” è accusato di maltrattamenti alla moglie e abuso dei mezzi di correzione verso due dei tre figli. Per lui il sostituto procuratore Francesco Lucadello ha chiesto una condanna a due anni e un mese di reclusione, ripercorrendo gli episodi, anche di violenza fisica, riferiti dalla moglie separata: “Ha raccontato di aver ricevuto alcuni schiaffi, anche un calcio con una scarpa antinfortunistica: agli schiaffi erano talvolta presenti i figli, salvo la più piccola”. Oltre alle testimonianze dei due figli più grandi, secondo il pm concorre ad avvalorare le accuse il fatto che la donna non abbia mai “calcato la mano” sul suo ex: “Di lui non può dire che sia violento, ha più la tendenza a umiliare verbalmente” ha detto la signora, tuttavia “ogni tanto gli schiaffi gli scappavano”. Durante una lite, in particolare, l’uomo l’aveva colpita procurandole una perforazione del timpano.
Si discuteva spesso, quando lui era a casa: “Litigi riguardo alla gestione domestica dei figli, la casa non pulita, il mangiare non cucinato” riepiloga il pubblico ministero. Sebbene la famiglia fosse seguita dai servizi sociali, a detta degli stessi assistenti la situazione era disastrosa: la mamma nascondeva al marito le assenze continue dei figli, soprattutto il maschio. Anche l’uso di tablet e videogiochi da parte dei ragazzi viene definito “patologico” da una testimone: “Addirittura il figlio non andava in bagno mentre giocava alla playstation, aveva un bicchiere e faceva la pipì in camera. All’ingresso in comunità, la mamma per prima cosa ha acquistato un wifi per Internet. Noi l’avevamo ripresa, ma non c’è stato modo”.
Lui, d’altro canto, avrebbe rifiutato di riconoscere i problemi di apprendimento diagnosticati al figlio: “Mio fratello - spiega la figlia maggiore - è disgrafico, dislessico e discalculico: mio padre non credeva a niente di questo, pensava semplicemente che non volesse andare a scuola”. Dalle incomprensioni tra i due nasce uno degli episodi più discussi: il padre, secondo le accuse, avrebbe costretto il figlio a estirpare le ortiche da un muretto a mani nude. “Quando è tornato a casa era tutto pieno di bolle” ricorda la sorella. L’imputato spiega che in realtà si trattava di un “lavoretto” pagato e lo aveva fornito di guanti. La bimba più piccola, aggiunge il pm, “conferma che il papà faceva correre lei e il fratello e ogni tanto faceva battute sul suo peso, rivolgendole l’epiteto ‘polpetta’”. “Emerge un disagio di fondo patito da mamma e figli” sostiene l’avvocato Alessandra Dalla Riva, patrono delle parti civili: “Sono stati emarginati in questo cascinale di cui dovevano occuparsi da soli e soprattutto non per loro scelta”. Il padre, dice, “chiedeva ai figli non solo di tenere in ordine le loro cose, ma di occuparsi di tutto: di badare ai cavalli e alle galline, di svolgere lavori di forza che non potevano riuscire a fare”.
“Non si dica che la moglie era ‘abbandonata a se stessa’ perché in depressione” ammonisce il difensore, avvocato Davide Diana: “In comunità si è comportata nello stesso modo, non è mai emersa nessuna richiesta a lui di andare ad abitare altrove”. La questione, sostiene il legale, è semmai che “non c’era un minimo sindacale di amor proprio. Non solo tutto veniva lasciato allo sfascio, ma era portato a un livello di degrado inaccettabile: questo portava ai litigi, non una volontà di prevaricazione”. Si porta ad esempio il caso in cui l’imputato “tornando dall’ennesima trasferta apre l’armadio e ci trova dentro un cane morto”. Questo avrebbe scatenato la sua ira, che sarebbe stata in realtà un’ansia di “fare pulizia”.
Anche quando madre e figli si sono trasferiti in comunità, sottolinea la difesa, i problemi igienici e di inadempienza scolastica si sono ripresentati. C’è un episodio di cui lo stesso avvocato si dice testimone: “In udienza i minori non si sono staccati un momento dai cellulari, una dipendenza patologica: il comportamento della madre era lo stesso”. Il padre, per contro, avrebbe cercato anche di aiutare i ragazzi a recuperare un rapporto con la natura, cosa che ha portato a “un riavvicinamento felice con i figli, che ora sono felici di andare tutti i fine settimana a vivere con il papà in campagna”.
La sentenza del collegio giudicante è attesa per fine mese, al 26 febbraio.
Andrea Cascioli
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